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NASDAQ100 WEEKLY - Nuovi record sugli indici azionari USA ! Questa volta grazie alla FED.


RICORDIAMO CHE E’ IN VIGORE L’ORA LEGALE NEGLI STATI UNITI.

IL FOMC DELLA SCORSA SETTIMANA POTEVA COSTITUIRE UN CATALYST PER UNA CORREZIONE. MA LE PREVISIONI ACCOMODANTI HANNO OFFERTO ULTERIORE CARBURANTE AGLI INDICI AZIONARI USA CHE NON SI SONO FATTI PREGARE PER REGISTARE NUOVI RECORD. IN SPOLVERO ANCHE LE QUOTAZIONI DEI BONDS.

L’azionario americano ha accolto con gioia il risultato accomodante del FOMC di marzo. Il ragionamento di Wall Street è sembrato essere: "l'inflazione sorprende al rialzo da inizio anno, l'economia tira, il petrolio sale, gli asset rischiosi volano e tu, FED, dici che vuoi tagliare i tassi 3 volte nel 2024, con le Presidenziali di mezzo? Contenta tu, figuriamoci noi…. !!". Così la scorsa settimana è passata a far registrare nuovi record per tutti e tre gli indici maggiori e con un corposo recupero anche per l’indice delle ‘small cap’, il Russell2000. A ciò aggiungiamo la discesa perentoria dell’indice VIX nuovamente sul supporto in area 12,50 punti. Arzilli anche i Bonds, con la curva che ha inscenato un rialzo del toro, con i rendimenti dei Treasury in considerevole calo soprattutto sulle scadenze corte.

Numerosi analisti hanno osservato che se la Fed è così accomodante, con il quadro macro solido e quello inflattivo a rischio di una riaccelerazione, non c'è che comprare asset reali e assets rischiosi, in quanto la politica monetaria sarà più accomodante delle attese, ed eventualmente di quanto necessario o richiesto. Il miglior mondo possibile per l'azionario.

E qui ritorniamo alle correlazioni inverse che da un po' di tempo non esistono più, se non a sprazzi molto brevi, con l’azionario in rally, l’obbligazionario incoraggiato a scontare uno scenario più accomodante, il dollaro sempre forte, le commodities industriali in auge ed addirittura con la commodity preziosa, emblema del cosiddetto ‘bene rifugio’, l’ORO che fa registrare nuovi massimi storici.

Qualcuno ci capisce qualcosa ? E per quanto andrà avanti questo "effetto FOMC" ?

Come ribadito più volte su queste colonne, questo mercato ha un momentum incredibile, e, come ripetuto diverse volte di recente questi tipi di price action non si presentano quasi mai nei pressi dei top. Il rally dell'azionario è talmente forte tale da prospettare che un top sia lontano ancora trimestri e forse più. Impossibile stabilire dei livelli se non con delle proiezioni, visto che ci troviamo in territori completamente inesplorati. La fregatura di questa situazione (se così la possiamo chiamare) è che, mentre la maggior parte degli investitori si aspetta da un momento all’altro una correzione ed anche ampia più le quotazioni salgono, proprio per questo la correzione non si presenta e, solitamente ex post, si scopre che il mercato stava anticipando sviluppi positivi in termini economici o di redditività delle aziende. Mi viene in mente il 2017 quando il rally stava scontando l'avvento del taglio alla ‘corporate tax’ di Trump, con i suoi impatti su profitti ed economia. Di solito quando i motivi di cautela si esauriscono ed entra al rialzo anche la gran massa del mercato retail, è lì che si verificano le profonde correzioni.

Detto questo, nel breve l'ottimismo è alle stelle, le performance altrettanto e, soprattutto, non si vede cosa possa fermare il rally. Ovviamente questo non vuole dire che non ci saranno fasi di correzione. Le correzioni hanno più a che vedere con l'eliminazione degli eccessi di ipercomprato di breve. Ora, normalmente, quadri sull'azionario come quello attuale, caratterizzati da indici che mantengono livelli di ipercomprato elevati molto a lungo, sottendono forte crescita degli utili, e quindi un’economia resiliente. Risultano quindi in contrasto con attese di inflazione in calo, e bonds particolarmente forti. Per questo motivo temiamo che l'euforia per la FED accomodante durerà poco. A meno che, crescita e/o inflazione non diano seri segnali di rallentamento. Vedremo.

Passiamo ora ad analizzare il mercato monetario.

La decisone dei membri della FED è stata quella di mantenere i tassi fermi al 5,25-5,50%, come preventivato nelle settimane precedenti. Anche lo statement è rimasto praticamente uguale a quello di gennaio, se si eccettua la scomparsa della notazione sull' indebolimento del mercato del lavoro. A gennaio avevano detto "Job gains have moderated since early last year", mentre ora tornano alla locuzione "have remained Strong". E' rimasta intatta la frase "the Committee does not expect it will be appropriate to reduce the target range until it has gained greater confidence that inflation is moving sustainably toward 2 percent" (in buona sostanza, il Comitato non ritiene opportuno iniziare a ridurre i tassi finché non avrà acquisito maggiore fiducia che l'inflazione si sta muovendo in modo sostenibile verso il 2%, ndr).

Ma le vere novità sono arrivate dalle proiezioni contenute nel seguente documento (v. grafico):

Come si nota nello schema sopra, la crescita è stata rivista al rialzo per l'anno in corso, il 2025 e 2026. La disoccupazione è stata rivista marginalmente al ribasso per 2024 e 2026. La previsione del dato PCE ‘core inflation’ vede un rialzo di 2 decimi per il 2024 ed è rimasto invariato per i 2 anni successivi. E la ‘Dot Plot’ (previsione sui tassi federali) ha lasciato invariati i 3 tagli per il 2024, ma ha limato un taglio nel 2025 e quasi uno per il 2026, mentre il tasso naturale è stato rivisto al rialzo di 0.125%. Quindi hanno riconosciuto che l'economia USA è leggermente più forte rispetto alle stime di gennaio, che l'inflazione non sembra più rientrare così rapidamente e che, se i tagli per il 2024 restano 3, dopo i Fed Funds potrebbero scendere meno.

In seguito la conferenza stampa di Powell non ha aggiunto gran ché a quanto illustrato sopra.  Le principali aggiunte sembrano accomodanti: le aspettative sono ancorate, i tassi hanno fatto il picco, ma soprattutto sarà necessario tagliare nel corso dell'anno e anche rallentare il ritmo di riduzione del bilancio "abbastanza presto". Infine, un mercato del lavoro forte, da solo non è un buon motivo per non tagliare e i numeri di gennaio hanno avuto problemi di destagionalizzazione (ricordate la forte revisione ? ndr). In generale gli ultimi due report non sembrano preoccupare troppo. Il rialzo del tasso di lungo periodo è stato derubricato a una modifica marginale, una leggera normalizzazione.

Pertanto, per quanto riguarda i Bonds, sembra improbabile che l'inflazione, con un’economia forte, aziende che macinano utili e uno stimolo fiscale sempre robusto, possa rientrare docilmente al target. Su quest'ultimo tema alcuni economisti hanno notato che, affinché la previsione della FED per un dato del ‘PCE core’ al 2.6% alla fine 2024 si possa verificare, il ‘PCE core’ mensile deve uscire, da febbraio in avanti, in media dello 0.19% fino a dicembre, in pratica in linea con il target della FED. Le attese per quello di febbraio, in uscita il 29 di marzo, sono per uno 0.3%.

Questa settimana, la Fed di New York ha pubblicato il suo sondaggio triennale sull’accesso al credito. Mentre il titolo del suo rapporto, “Il tasso di richiesta di credito aumenta; Il tasso di rifiuto diminuisce”, suggerisce che i consumatori e i banchieri si stanno adattando al mondo “più alto più a lungo”, i dettagli rivelano che il contesto di tassi più elevati sta frenando la domanda di prestiti attuali e le aspettative di futuro accesso al credito.

Nell'ambito di un cambiamento politico storico, anche se ben atteso, la scorsa settimana la Banca del Giappone (BoJ) ha formalmente posto fine alla sua politica monetaria ultra-espansiva e non convenzionale, attuando il primo rialzo dei tassi di interesse della BoJ dal 2007. L'esito dei colloqui primaverili sui salari in Giappone sembra essere stato un fattore particolarmente importante alla base della decisione.

Ma la sorpresa, quasi a dare manforte alle dichiarazioni di Powell, è arrivata dalla Swiss National Bank, che è intervenuta tagliando i tassi di 25 bps, all'1.5%. Solo 4 delle 24 case di investimento interpellate si aspettava una mossa del genere. Secondo la SNB la battaglia con l'inflazione è vinta, e quindi ci stava un adeguamento. Faranno un ulteriore rivalutazione tra 3 mesi.

Dulcis in fundo, anche la Bank of England, pur non modificando i tassi, ha mostrato un atteggiamento accomodante. La posizione si è manifestata principalmente nel fatto che i 2 dissidenti che fino allo scorso meeting premevano per alzare i tassi, si sono adeguati alla maggioranza, mentre è rimasto un membro che voleva tagliarli. Il Governatore Bailey ha detto che ancora non è tempo di tagliare, ma i commenti sono stati nel complesso ottimisti.

In questo contesto andiamo, quindi, a vedere nello specifico lo scenario che si è presentato nel fine settimana appena trascorso sulle probabilità dei tagli sui tassi d’interesse nel 2024.

Lo strumento FedWatch del CME Group mostra come i mercati, per la prossima riunione del 2024 in programma il 1° maggio, prezzino una probabilità dell’87,7% di mantenere i tassi fermi rispetto al 94,5% di due venerdì fa e del 76,4% di un mese fa, a favore di un piccolo rialzo delle probabilità del 12,3% per un taglio di 25 bps (v. grafico):

Il mese ‘clou’ per quanto riguardano le probabilità del primo taglio dei tassi, rimane sempre quello relativo alla riunione del 12 giugno, con le probabilità di un taglio di soli 25 bps che si alzano al 66,7% rispetto al 55,2% di due venerdì fa. Mentre si riducono notevolmente le probabilità per nessun taglio al 24,4% rispetto al 41,2% di due venerdì fa (v. grafico):

Per quanto riguarda la riunione del 31 luglio, scendono di poco le probabilità di un taglio pari a 25 bps al 46,6% rispetto al 48,8% di due venerdì fa. Così come scendono le probabilità di nessun taglio dal 22,4% di due venerdì fa all’attuale 12,8%. Il tutto a favore delle probabilità di un taglio per complessivi 50 bps (1 da 0,50% o due da 0,25%) che dal 27,1% di due venerdì fa passa all’attuale 36,4% (v. grafico):

Infine, per l’ultima riunione del 2024, sostanzialmente stabili le preferenze per la probabilità di un taglio per complessivi 75 bps che dal 34,3% di due venerdì fa passano all’attuale 33,8%. Mentre salgono abbastanza le probabilità per un taglio complessivo di 100 bps che dal 23,3% di due venerdì fa passano all’attuale 30,5% a scapito delle probabilità di un taglio complessivo di soli 50 bps che dal 25,1% di due venerdì fa passa all’attuale 18,0% (v. grafico):

Sul fronte rendimenti abbiamo già detto come la negatività post FOMC abbia generato una discesa sul Treasury 2Y fino a toccare il 4,558% per chiudere la settimana al 4,591%. La scadenza corta è quella che meno ha beneficiato di questa situazione in quanto il Treasury 10Y perde un po’ meno passando dal 4,31% di due venerdì fa passa all’attuale 4,202%. Infine il 30Y che perde meno di tutti passando dal 4,431% di due venerdì fa all’attuale 4,381%.

Conseguentemente diminuisce anche lo spread 2Y-10Y, riportandosi a 39,1 bps rispetto ai 42,0 bps di due venerdì fa.

Infine i tassi reali, al netto dell’attuale tasso di inflazione, mostrano il grafico del breakeven inflation a 10 anni che continua a salire al 2,35% rispetto al 2,27% di due settimane fa (v. grafico):

Analisi grafica dell’indice di riferimento di una parte delle nostre operazioni, il NASDAQ100. Questa volta grazie a Powell & soci l’indice tech registra un nuovo record a 18464 punti nella giornata di giovedì scorso prima di scendere leggermente in chiusura di ottava. E dire che anche ad inizio della scorsa settimana le prese di beneficio sui titoli del settore dei semiconduttori erano continuate, attenuandosi nella giornata di martedì per poi riprendere vigore e tornare a salire sospinte al rialzo da indiscrezioni secondo cui NVIDIA vorrebbe comprare i chip di nuova generazione di Samsung. A metà settimana il sentiment è stato ulteriormente eccitato dalla trimestrale di MICRON (che riportiamo nel relativo capitolo), che ha visto l'azienda tornare a produrre utili, battendo il consenso grazie alla domanda per l’Intelligenza Artificiale. Di contro l’azione giudiziaria su APPLE (della quale parleremo a parte nel relativo capitolo) con la notizia che funzionari statunitensi del controllo antitrust hanno avviato azioni legali anticoncorrenziali anche contro, GOOGLE, AMAZON e META PLATFORMS, alle quali si è aggiunto il titolo LULULEMON con le azioni che sono crollate di oltre il 15% dopo che l'amministratore delegato della società ha espresso cautela sulla domanda dei consumatori e ha affermato che la società sta attraversando un inizio d'anno più lento del previsto, ha fatto chiudere la settimana in lieve contrazione pur con un guadagno settimanale di quasi il 3%. Una discreta parte del guadagno è stata opera dei titoli cosiddetti ‘Magnificent Seven’, con NVIDIA, AMAZON, MICROSOFT che fanno registrare nuovi record ed ALPHABET in scia ad un passo da nuovi massimi storici.   Anche l’indice Nasdaq100 ‘equal weighted’ fa registrare un nuovo record a 7594.85 portando la performance annuale al + 6,29% riducendo anche se di poco la forbice dal listino normale.

Graficamente notiamo come i prezzi si siano portati ad un passo dalla resistenza in area 18500 punti, corrispondente all’estensione del 78,6% di onda 1 di (5) partendo dal minimo di onda 2 di (5), e prossimo obiettivo rialzista prima di andare all’attacco della proiezione in area 19150 corrispondente al 100% di onda 1 di (5) partendo dal minimo di onda 2 di (5). Possibili correzioni prima in area 18000 quindi in area 17800 punti. Il livello di RSI a 60 indica che tutti e due gli scenari sono possibili con maggiore preponderanza alla continuazione del trend positivo. Vedremo. La settimana si è chiusa a 18339.44 con un guadagno del + 2,99% rispetto alla chiusura della scorsa settimana, il che porta ad un guadagno del + 9,00% rispetto alla chiusura del 2023.

Dopo un +20% in 18 settimane (16 delle quali positive) e 2 settimane consecutive negative per un totale di un misero -0.40%, l’indice S&P500 ha stabilito un altro massimo storico a 5261.10 portando a ben 20 le sedute record da inizio anno e non abbiamo terminato neanche il primo trimestre. Nonostante il rally di titoli come NVIDIA e META PLATFORMS che sono stati i principali driver individuali del mercato nel 2024, anche i titoli del settore finanziario, industriale e dell’energia stanno sovraperformando il guadagno dell’indice S&P500 con un + 9,7% da inizio anno. Ciò ha attenuato le preoccupazioni secondo cui il mercato stava diventando sempre più legato alle fortune di un piccolo gruppo di azioni. Riportiamo nel seguente grafico i settori che hanno performato più dell’indice S&P500:

Più in generale, i titoli dei cosiddetti ‘Magnifici Sette’ - APPLE, NVIDIA, ALPHABET, TESLA, MICROSOFT, META E AMAZON - sono stati responsabili del 40% del guadagno dell'indice S&P500 a partire da giovedì, secondo gli indici S&P Dow Jones. Ciò si confronta con una quota di oltre il 60% guadagnato lo scorso anno, ma che da inizio anno solo NVIDIA e META sono sugli scudi, con MICROSOFT che ha guadagnato ‘solo’ il 14,5%, mentre dall’altro lato della classifica, APPLE e TESLA sono in calo rispettivamente dell’11% e del 32% circa nell’anno. Risulta chiaro che un rally con una partecipazione più ampia di settori significa che la leadership non è così concentrata e suscettibile a una correzione.

Graficamente notiamo come la fase di consolidamento delle ultime due settimane sia stata infranta all’insù, superando anche l’area di resistenza dei 5230 punti corrispondente all’estensione del 78,6% di onda 1 di (5) partendo dal minimo di onda 2 di (5). Il successivo ripiegamento dai massimi si è fermato proprio su codesta area sulla quale ha chiuso la settimana di contrattazioni. Pertanto in questa settimana (corta, viste le imminenti festività) la fase di consolidamento potrà avvenire tra l’area del massimo storico e l’area di supporto dei 5190 punti, correzioni più ampie non pensiamo all’ordine del giorno, mentre nuovi record potranno verificarsi verso la successiva proiezione del 100% di onda 1 di (5) partendo dal minimo di onda 2 di (5) in area 5375/5380 punti. Il valore attuale dell’RSI (67 punti) indica poco in quanto sono 5 mesi che l’indice viaggia tra e sopra i 60 punti. In sintonia con l’indice ‘normale’, notiamo che l’indice S&P500 ‘equal weighted’ ha fatto registrare, nella giornata di giovedì scorso, il proprio massimo storico a 6825.51, per poi ripiegare di 60 punti in chiusura di ottava, portando il guadagno da inizio anno al 5,66% ma ampliando il gap al 4,12% rispetto all’S&P500 ‘normale’. L’indice Cboe Volatility Index (VIX) nella giornata di giovedì scorso si è portato nuovamente sul supporto in area 12,50 punti, livello visto l’ultima volta nel gennaio scorso, con un rigurgito di volatilità in questo istante che scriviamo intorno a 13,50 punti senza motivo apparente. Di contro al VIX, torna a salire l’indice della ‘paura’ e parliamo dello skew del CBOE sull’S&P500 – un indicatore del mercato delle opzioni per la domanda relativa di contratti call al rialzo rispetto a contratti put al ribasso – che dai 140 punti dei giorni scorsi si è portato a 154 punti in chiusura di ottava. Evidentemente il nuovo record ha impresso un’accelerazione al montaggio di strutture di copertura del rischio. La settimana si è chiusa a 5234.17 con un guadagno del + 2,29% rispetto alla chiusura della scorsa settimana, il che porta ad un guadagno del + 9,74% rispetto alla chiusura del 2023.

Nuovo massimo storico anche per il listino delle major, il DOW JONES. La fase di consolidamento tra le aree 39200 e 38400 è terminata con il superamento imponente dei prezzi dell’area di resistenza fino a testare l’area di proiezione successiva dei 40000 punti, soglia psicologica non che estensione del 178,6% di onda 3 dal minimo di onda 4. In questa settimana ‘corta’ molto probabile una fase di consolidamento tra le aree 40000 e 39200/39000 punti. Ulteriore allungo verso la proiezione posta in area 40825. Nessuna preoccupazione dal livello di RSI a 62. La settimana si è chiusa a 39475.91 con un guadagno del + 1,97% rispetto alla chiusura della scorsa settimana, il che porta ad un guadagno del + 4,74% rispetto alla chiusura del 2023.

Eccezionalmente riportiamo un grafico del nostro FTSEMIB che rende l'idea dell'eccezionalità del momento. Dal 1998 in poi, l'indice ha raggiunto questo livello di ipercomprato (83 di RSI 14) sul grafico weekly solo 2 volte, nell'aprile '98 per l'appunto, e nel gennaio del 2005 (le 2 linee verticali tratteggiate bianche nel grafico):

Sono quasi vent'anni che la borsa italiana non vede un rally così violento. In nessuno dei due casi siamo stati in presenza di un top. In entrambi i casi il livello ha coinciso con un po' di turbolenza.

ORO INDEX

Non si può negare che il rally da record dell'Oro sia stato a dir poco impressionante. Mai prima d’ora nella storia abbiamo visto il metallo prezioso segnare più record di tutti i tempi in un lasso di tempo così breve.

Finora, questo mese, i prezzi del metallo giallo hanno superato le soglie dei 2.160 $/oz., dei 2.172 $/oz., dei 2.203 $/oz. ed infine dei 2.225 $/oz., raggiungendo quattro massimi storici consecutivi, record di tutti i tempi in solo due settimane.

Se questo potrebbe essere solo l’inizio ovviamente è difficile da prevedere anche se, secondo gli analisti di GSC Commodity Intelligence, prove crescenti dimostrano che ora siamo in una “nuova era” per il metallo prezioso o come la chiamano loro: “l’inizio di un nuovo storico superciclo per l’Oro”. La crescita vertiginosa dell'Oro è alimentata dall'entità di fattori rialzisti tra le quali persistenti tensioni geopolitiche, forti acquisti da parte delle banche centrali, crescente domanda da parte della Cina come copertura contro l'instabilità economica nella seconda economia mondiale, insieme alle elezioni presidenziali americane di novembre ad alto rischio - che presentano uno scenario molto favorevole affinché i prezzi del metallo giallo raggiungano i 3.000 $/oz. molto prima di quanto ci si aspetti.

Ma è stata osservata una notevole differenza tra il mercato dell’Oro fisico e il mercato dei futures. Mentre il mercato dei futures ha mostrato un sentimento rialzista, il mercato fisico ha presentato una risposta più moderata. Questa divergenza indica uno spettro più ampio di fattori che influenzano diversi segmenti del mercato della commodity preziosa. Staremo a vedere.

Noi ci basiamo unicamente sui fatti e notiamo che le quotazioni hanno virato al ribasso dopo l'impennata da record di mercoledì notte, cancellando la maggior parte dei guadagni settimanali, poiché i dati macro positivi pubblicati in seguito alle decisioni politiche accomodanti della FED, hanno compensato l'impatto negativo della precedente valutazione del Dollaro USA. Sicuramente anche gli investitori di breve termine hanno fatto la loro parte vendendo l’ipercomprato per pure prese di beneficio.

Ma andiamo con ordine e vediamo come si è sviluppata la settimana appena trascorsa per le quotazioni dell’Oro.

Il metallo giallo ha iniziato la settimana in modo tranquillo, poiché gli investitori si sono astenuti dall'assumere grandi posizioni in vista dell'attesissimo incontro politico del FOMC di marzo. Lunedì e martedì scorso le quotazioni dell’Oro hanno oscillato tra 2.150 e 2.160 $/oz., chiudendo entrambe le giornate praticamente invariate.

Mercoledì scorso la FED ha annunciato di lasciare invariato il tasso di riferimento al 5,25%-5,5% come previsto. Il riepilogo delle proiezioni, noto anche come ‘Dot Plot’, ha mostrato che i politici si aspettano ancora di ridurre il tasso ufficiale di 75 punti base nel 2024, come avevano dichiarato a dicembre, nonostante gli ultimi dati macro positivi. La reazione iniziale al ‘Dot Plot’ ha innescato un calo dei rendimenti dei titoli del Tesoro USA e ha pesato sul Dollaro USA, con gli investitori propensi a un taglio dei tassi a giugno.

Nella conferenza stampa successiva alla riunione, il Presidente della FED, Jerome Powell, ha adottato un tono relativamente ottimista riguardo alle prospettive di inflazione e ha costretto il Dollaro a rimanere sotto una pressione ribassista. Powell ha riconosciuto che i numeri sull'inflazione erano "piuttosto alti" in gennaio e febbraio, ma ha osservato che non hanno cambiato la storia generale della disinflazione, sostenendo che erano più alti a causa di effetti stagionali (le famose revisioni, ndr).

Mentre la svendita del Dollaro continuava, in apertura del mercato delle commodities di mercoledì notte, i prezzi dell’Oro estendevano il rally raggiungendo un nuovo massimo storico a 2.225 $/oz. scendendo di poco durante le ore di negoziazione asiatiche di giovedì. Nel corso della giornata, tuttavia, i dati macroeconomici positivi rilasciati dagli USA riguardo al numero di richieste di sussidi di disoccupazione sceso a 210.000 unità e la stima flash di marzo delle PMI Composite a cura dell'S&P Global che si è attestato a 52,2, suggerendo che l'attività commerciale nel settore privato ha continuato ad espandersi a un ritmo sostenuto, hanno aiutato il rimbalzo del Dollaro in modo decisivo, costringendo i valori dell'Oro a ritirarsi sotto i 2.200 $/oz.

Altro aiuto per la quotazione del Dollaro è arrivato, sempre nella giornata di giovedì, dalla decisione inaspettata della Banca nazionale svizzera (BNS) di abbassare il tasso di riferimento di 25 punti base oltre agli annunci politici della Banca d'Inghilterra (BoE) che hanno innescato deflussi di capitali dalla sterlina e dal franco svizzero, fornendo un'ulteriore spinta al Dollaro giovedì.

Anche nella giornata di venerdì, la forza generalizzata del Dollaro costringe le quotazioni dell’Oro a rimanere sulla difensiva fino alla fine delle contrattazioni settimanali.

Le previsioni per questa settimana indicano che il prezzo della commodity potrebbe avere una reazione ritardata ai dati sull’inflazione dei prezzi delle spese al consumo personale (PCE) statunitense. Perché ritardata ? In quanto le contrattazioni dei mercati azionari e obbligazionari rimarranno chiusi in osservanza della festività del Venerdì Santo. Pertanto si potrebbe assistere ad una reazione ritardata dei mercati all'apertura settimanale di lunedì prossimo, primo aprile. Un aumento più forte del previsto dell’indice mensile dei prezzi ‘PCE core’ potrebbe sostenere il Dollaro, d’altro canto, un valore inferiore al consenso del mercato dello 0,3% potrebbe aiutare l’Oro a guadagnare terreno.

Nel frattempo domani, martedì, il resoconto economico statunitense conterrà i dati sugli ordinativi di beni durevoli per febbraio e l'indice di fiducia dei consumatori del Conference Board per marzo. Giovedì, il Bureau of Economic Analysis (BEA) degli Stati Uniti rilascerà la revisione finale del prodotto interno lordo (PIL) del quarto trimestre e finalmente venerdì pubblicherà i dati dell'indice (PCE) di febbraio.

I mercati prevedono che la crescita annualizzata del PIL nel quarto trimestre sarà confermata al 3,2%. La reazione del mercato ai dati del PIL potrebbe essere semplice e rimanere di breve durata. È probabile che una revisione al rialzo sosterrà il Dollaro a scapito del metallo giallo e viceversa.

Prospettive tecniche dell’Oro

Questa volta siamo stati smentiti, direi a metà, rispetto a quanto riportato nell’articolo della scorsa settimana circa il fatto che difficilmente avremmo visto nuovi record. In realtà come abbiamo visto, un nuovo record è stato raggiunto dal prezzo del future dell’Oro, ma solo per pochi minuti dopo l’apertura delle contrattazioni di mercoledì notte alle ore 23:10/23:15. Poi i prezzi sono scesi mantenendosi in un range tra 2200 e 2212 $/oz. per tutto l’arco della nostra mattinata di giovedì scorso fino a quando, con l’apertura dei mercati statunitensi, le quotazioni sono precipitate fino ad un minimo di 2166 $/oz. Nella giornata di venerdì le quotazioni sono ulteriormente scese fino a far segnare un minimo a 2158 per poi chiudere l’ottava a 2166,5 $/oz.

Nonostante queste fluttuazioni a breve termine, le prospettive a lungo termine per l’Oro rimangono rialziste verso la successiva area di resistenza posta a 2290/2300 $/oz. Tuttavia, è probabile una fase di consolidamento o stabilizzazione man mano che il mercato si adatterà ai recenti massimi e le aspettative degli investitori si adegueranno. Il livello di supporto tecnico chiave dell'oro intorno ai 2.110/2100 $/oz. sarà fondamentale in questa fase. Si prevede che gli investitori e i trader sposteranno la loro attenzione dall’acquisto sulla forza alla ricerca di opportunità orientate al valore, in particolare agli attuali livelli di prezzo.

Passando agli altri due metalli preziosi, i prezzi del Platino per l’ennesima volta sono ritornati in area 900 $/oz. dopo aver toccato due venerdì fa i 960 $/oz. per essere subito ricacciati all’indietro e chiudendo la settimana sotto la propria M.M. semplice a 200 periodi.

Diverso il discorso per le quotazioni dell’Argento che, nella giornata di giovedì scorso in scia alle quotazioni record dell’Oro, sono riuscite a sfiorare i 26 $/oz. ma senza tentare l’attacco al doppio massimo più recente, quello di maggio e dicembre 2023 in area 26,50 $/oz. area nella quale ci avrebbe visto venditori del nostro investimento. Fortunatamente un’apertura in gap up del nostro ETC ci ha consentito di uscire anche con qualche spicciolo in più del preventivato dal nostro investimento, vista la chiusura settimanale della commodity che si è riportata sotto l’area di supporto dei 25 $/oz.

La quotazione settimanale dell’Oro si è chiusa a 2166.50 $/oz. con un guadagno dello 0,33% rispetto alla precedente settimana che porta ad un guadagno da fine anno del + 4,57%. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 2165.16 $/oz. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES APRILE 2024:

POLITICA USA

Sabato scorso è arrivato il via libera dal Congresso ad un pacchetto di spesa da 1,2 trilioni di dollari, successivamente firmato dal Presidente Joe Biden e che finanzierà il governo per il resto dell’anno fiscale. Il disegno di legge prima è stato approvato venerdì dalla Camera con 286 voti favorevoli e 134 contrari, poi è passato al Senato con 74 voti favorevoli e 24 contrari. Il pacchetto finanzierà alcune agenzie federali chiave come i dipartimenti della Sicurezza Interna, della Giustizia, di Stato e del Tesoro (non sono, invece, compresi finanziamenti per gli aiuti militari ad Ucraina, Taiwan ed Israele, presenti in un altro pacchetto). Il pacchetto prevede 886 miliardi di dollari di finanziamento per il dipartimento della Difesa.

Venerdì scorso i leader del Senato avevano negoziato per ore su diversi emendamenti alla legge di bilancio, che alla fine sono stati respinti. L’approvazione del disegno di legge non è arrivata prima della scadenza di venerdì a mezzanotte, tuttavia l’Ufficio di Gestione e Bilancio della Casa Bianca ha fatto sapere che non avrebbe ordinato la chiusura delle agenzie, fiducioso di una rapida approvazione da parte del Senato, che poi è arrivata.

In seguito al passaggio del disegno di legge di spesa al Congresso, il Presidente Biden ha invitato i parlamentari ad agire anche su altre questioni: “La Camera deve approvare il supplemento bipartisan sulla sicurezza nazionale per promuovere i nostri interessi di sicurezza nazionale”. Inoltre, Biden ha esortato il Congresso ad approvare anche l’accordo bipartisan sulla sicurezza delle frontiere.

Il pacchetto di spesa ha messo nuovamente in luce i delicati equilibri del Congresso, in particolare della Camera a maggioranza repubblicana. Marjorie Taylor Greene, membro della Camera e parte del gruppo più conservatore dei repubblicani, in seguito all’approvazione della legge di bilancio ha presentato una misura per rimuovere dal suo ruolo lo speaker della Camera, il repubblicano Mike Johnson. Tuttavia Greene non spingerà per mettere subito al voto la mozione di revoca, che rappresenta più un avvertimento. La già risicata maggioranza repubblicana alla Camera nel giro di un mese si assottiglierà ulteriormente con l’uscita di due membri del caucus di Johnson, ovvero Ken Buck e Mike Gallagher. Quando ciò accadrà, con 217 parlamentari, lo speaker della Camera potrà permettersi di perdere un solo voto tra i rappresentati del suo partito per qualsiasi misura che veda i dem impegnati in un’opposizione compatta.

Di fronte alla prospettiva di una possibile votazione per la rimozione di Johnson dal suo ruolo, venerdì scorso alcuni dem hanno detto che potrebbero schierarsi dalla loro parte nel caso in cui permettesse di mettere al voto il pacchetto di assistenza alla sicurezza da 95 miliardi di dollari, già approvato dal Senato, per Ucraina, Israele e Taiwan. Lo speaker si è rifiutato di permettere una votazione sul disegno di legge, tuttavia ha promesso di affrontare il tema dell’aiuto all’Ucraina al ritorno dei legislatori dalla pausa di due settimane.

POLITICA DELLA FED

Ancora nessuna sorpresa. La scorsa settimana il FOMC si è riunito per il secondo meeting dell’anno, incontro terminato con il mantenimento del tasso di riferimento overnight nel range 5,25%-5,5%, dove si trova da luglio scorso.

Nella conferenza tenutasi dopo il meeting, il presidente della FED, Jerome Powell, ha dichiarato: “Crediamo che il nostro tasso di riferimento probabilmente sia al suo picco per questo tipo di ciclo e che, se l’economia si evolve ampiamente come atteso, probabilmente sarà opportuno iniziare a ridurre la moderazione politica ad un certo punto di quest’anno”. Il numero uno della banca centrale statunitense ha anche detto che, se necessario, sono disposti a mantenere più a lungo l’attuale target range per il tasso sui federal funds.

Nell’ambito dell’incontro di due giorni, i funzionari della banca centrale hanno anche previsto tre tagli da un quarto di punto percentuale entro la fine del 2024, come indicato nel ‘dot plot’, grafico aggiornato con cadenza trimestrale che riporta le previsioni dei membri del FOMC per i tassi sui federal funds. Per 10 funzionari su 19 il tasso di riferimento scenderà di almeno tre quarti di punto percentuale entro fine anno, una visione mediana rimasta da dicembre, anche se nelle previsioni di dicembre erano 11 i funzionari che indicavano tre tagli da un quarto di punto percentuale. Sempre nel “dot plot” sono riportati tre tagli nel 2025, ovvero uno in meno rispetto alla precedente pubblicazione del grafico. Spingendosi ancora più in avanti, il comitato prevede ulteriori tre riduzioni nel 2026 e altre due in futuro fino a quando il tasso sui fed funds non si assesterà intorno al 2,6%.

Per quanto riguarda le previsioni economiche, i funzionari ora prevedono che l’economia cresca del 2,1% quest’anno rispetto alla crescita dell’1,4% prevista a dicembre. È previsto che il tasso di disoccupazione tocchi il 4% entro fine 2024, segnando un leggero incremento rispetto all’attuale 3,9% ed un leggero calo rispetto alla precedente stima. Le previsioni indicano che l’indice dei prezzi delle spese per consumi personali ‘core’ raggiungerà il 2,6% entro fine anno; le previsioni di dicembre indicavano un 2,4%.

Dalle previsioni emerge che la FED prevede ancora un “atterraggio morbido”, anche se Powell ha detto che gli ultimi dati hanno mantenuto i funzionari su una posizione di cautela per garantire che le pressioni sui prezzi continuino ad allentarsi.

La dichiarazione rilasciata dal FOMC dopo il meeting è quasi identica a quella successiva al meeting di gennaio, se non per l’aggiornamento della valutazione sulla crescita dell’occupazione indicata come “forte”, rispetto alla caratterizzazione di gennaio secondo cui i guadagni si erano “moderati”.

Powell ha parlato di un’economia forte ed un’inflazione scesa: “e questo ci dà la possibilità di affrontare questa questione attentamente e sentirci più sicuri che l’inflazione stia scendendo in modo sostenibile al 2% quando faremo il passo per iniziare a ridurre la nostra politica restrittiva”. Inoltre, Powell ha detto che durante l’incontro è stato affrontato il tema del programma di riduzione del bilancio della FED, processo iniziato a giugno 2022. Il numero uno della banca centrale ha fatto sapere che non sono state prese decisioni in merito all’entità e alle tempistiche della potenziale riduzione di bilancio. Powell ha detto: “Anche se non abbiamo preso alcuna decisione oggi, l’opinione generale del comitato è che sarà opportuno rallentare il ritmo del deflusso abbastanza presto, in linea con i piani che abbiamo precedentemente pubblicato”.

Venerdì scorso il presidente della FED di Atlanta, Raphael Bostic, ha detto di essere meno sicuro rispetto a dicembre del fatto che l’inflazione continuerà a scendere verso l’obiettivo del 2% della banca centrale e le preoccupazioni in merito alle pressioni sui prezzi lo hanno portato a ridimensionare le prospettive di taglio dei tassi di quest’anno e a posticipare la probabile data di inizio. Secondo il presidente della FED di Atlanta l’economia si è dimostrata più resiliente di quanto previsto e gli ultimi dati lo hanno portato a quasi raddoppiare la sua stima di crescita economica per il 2024 al 2%. “Se abbiamo un’economia che cresce sopra il potenziale ed abbiamo un’economia in cui la disoccupazione è a livelli che erano considerati inimmaginabili senza pressioni sui prezzi e se abbiamo un’economia in cui l’inflazione si sta moderando…queste sono cose buone”, ha detto Bostic, che poi ha aggiunto: “Questo ci dà spazio per attendere”.

DATI MACROECONOMICI

I permessi di costruzione non erano stati impattati dal maltempo a gennaio, e sono stati rivisti al rialzo, e il dato di febbraio è superiore alle attese, a indicare numeri forti nei prossimi 2 mesi. Il dato di febbraio a livello mensile riporta che sono stati rilasciarti 1,518 milioni di pwermessi, dato superiore al consensus di 1,495 milioni ed in crescita del 1,9% rispetto alla rilevazione di 1,489 milioni di gennaio (rivista da 1,47 milioni). Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.

Il numero di case per le quali è iniziata la costruzione su base mensile a febbraio tocca quota 1,521 milioni, segnando un +10,7% rispetto al dato di 1,374 milioni di gennaio (rivisto da 1,331 milioni). I numeri sono usciti sopra attese, e robusti, tenendo conto anche delle revisioni, che hanno limato il crollo di gennaio, che era stato favorito dal mal tempo. Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.

Il dato preliminare di marzo del PMI manifatturiero S&P Global è pari a 52,5 punti, in leggera crescita rispetto ai 52,2 punti di febbraio.

Il dato preliminare di marzo relativo al settore dei servizi, invece, si attesta a quota 51,7 punti, in calo rispetto ai 52,3 punti di febbraio e sotto al consensus di 52,0 punti.

Le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione nella settimana terminata il 16 marzo sono uscite grosso modo in linea con le attese, e in generale basse. Il dato riporta che sono state 210 mila, restando leggermente sotto al consensus di 215 mila e al dato della settimana precedente di 212 mila (rivisto da 209 mila). Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.

Le vendite di case esistenti hanno fatto un balzo inatteso. Il merito sembra essere nell'aumento delle scorte di case in vendita, che ha offerto ai compratori materia su cui mettere le mani. Nel mese di febbraio il numero ha raggiunto quota 4,38 milioni, con una crescita del 9,5% dal dato di 4,00 milioni di gennaio. Il consensus indicava un calo a 3,94 milioni. Il dato è rilasciato dalla National Association of Realtors.

Il Filadelfia Fed Manufacturing Index ha confermato per il secondo mese un valore positivo di poco. Il dato a marzo è pari a 3,2 punti; in calo rispetto ai 5,2 punti di febbraio. Il dato è rilasciato dalla Federal Reserve Bank di Filadelfia.

PORTAFOGLI AZIONARI

Diradate le sottili nuvole sugli indici azionari USA, continuano a vedere il sole i listini europei che proseguono i rispettivi trend rialzisti riportando soddisfazioni sui nostri portafogli azionari.  Partendo dal Portafoglio Storico, siamo a soli due tick (questa mattina) dal vendere a target il titolo francese IPSEN, mentre AIXTRON ha bisogno di ulteriore tempo per riprendersi dallo scivolone post semestrale economica, oltretutto buona. Per quanto riguarda i titoli USA, la sofferenza viene sempre dal titolo CHARTER COMMUNICATION che continua a sbattere con la resistenza dei 300 $. Purtroppo, mentre HONEYWELL sembra riprendersi, GILEAD SCIENCES torna quasi al punto di partenza dopo essere arrivati ad un passo dai rispettivi target, dobbiamo aspettare. Sempre con la dovuta prudenza, anche a costo di perdere qualche occasione, proponiamo l’acquisto del titolo LULULEMON ATHLETICA con la strategia del Nasdaq Weekly.

Per quanto riguarda il portafoglio The Challenge finalmente abbiamo raggiunto il target sull’ETC PHAG, quello sull’Argento per intenderci. La fiammata dello scorso giovedì mattina, in seguito al nuovo record dell’Oro, ha prodotto un breve rialzo anche del future dell’Argento facendo aprire le quotazioni dell’ETC in gap up facendoci guadagnare un discreto tozzo di pane pari al 7,87%. Non è molto, ma per quanto abbiamo penato avvicinandoci più volte in passato a tale target, portiamo a casa felici e contenti, viste anche le quotazioni odierne. Del titolo FIERA MILANO sul quale siamo usciti in pareggio dopo 2 anni e mezzo di sofferenze, ne abbiamo parlato diffusamente nell’articolo della scorsa settimana. Di nuovo possiamo solo dire, ma senza rammarico, che molto probabilmente è in atto un rastrellamento di azioni da parte di qualcuno che solo il CdA può sapere. Guardiamo avanti. Bene BREMBO che sembra riprendere i corsi precedenti alla trimestrale economica (peraltro ottima) e che terremo a lungo. Male invece CAMPARI che torna stranamente verso i minimi di fine gennaio. Forse ci vuole più tempo per assorbire l’acquisto di COINTREAU. Non la molliamo di certo. Sul titolo TUI ho già risposto ad un abbonato che ci ha scritto chiedendo lumi circa il mancato acquisto del secondo lotto, rispondendo in buona sostanza che i bilanci sono tutt’ora asfittici con importanti debiti nonostante tre aumenti di capitale, e che l’attuale CdA ha preferito uscire dalle quotazioni alla borsa di Londra per concentrarsi su quelle in patria, in Germania. Tecnicamente al superamento di 7,41 € sarebbe da comprare a mani basse, ma tecnicamente, mentre la fumosità intorno alla gestione della società mi farebbe propendere per un acquisto su un’altra società dello stesso settore, BOOKING HOLD. A proposito di nuovi acquisti, i prezzi si stanno avvicinando nuovamente sui minimi di due venerdì fa, pertanto abbiamo inserito nella sez. ‘nuovi ordini’ l’acquisto del titolo ADOBE INC.  

Alla prossima.

FOCUS SU AZIONI

APPLE – Perché il Dipartimento di Giustizia fa causa ad Apple?

Giovedì il Dipartimento di Giustizia (DOJ) e 16 procuratori generali statali e distrettuali hanno intentato una causa contro APPLE presso la corte federale del New Jersey, sostenendo che il colosso della tecnologia ha violato le leggi antitrust e soffocato la concorrenza con il monopolio sul mercato degli smartphone negli Stati Uniti.

Apple ha danneggiato i consumatori e gli sviluppatori americani limitando la concorrenza e lo sviluppo di software per l'iPhone e facendo anche spendere ai consumatori più soldi sui prodotti Apple attraverso una serie di di tattiche anticoncorrenziali.

"Apple ha mantenuto il potere monopolistico nel mercato degli smartphone non semplicemente superando la concorrenza in base al merito, ma violando la legge federale antitrust", ha detto il procuratore generale Merrick Garland in una conferenza stampa giovedì. "Affermiamo che Apple ha adottato una strategia che si basa su una condotta escludente e anticoncorrenziale che danneggia sia i consumatori che gli sviluppatori."

Il Dipartimento di Giustizia ha affermato che Apple ha soffocato la concorrenza, esercitando il controllo su come le app possano interagire con il software Apple e spesso rendendo più difficile o costoso per gli utenti abbandonare gli iPhone o utilizzare uno smartwatch non Apple con un iPhone.

Garland ha affermato che Apple ha intenzionalmente degradato la qualità di funzionalità come la messaggistica con prodotti non Apple e altre app per dare agli utenti l'impressione che i prodotti Apple siano superiori. La causa ha anche citato l'Apple Wallet, che secondo Garland inserisce Apple inutilmente in una transazione in cui un portafoglio digitale potrebbe essere creato direttamente tra un utente e un emittente di carte di credito, il che presenta rischi per la sicurezza e la privacy.

Nell'App Store, utilizzando Google per effettuare ricerche su un dispositivo Apple e attraverso le commissioni sulle transazioni tap-to-pay, il Dipartimento di Giustizia ha affermato che Apple guadagna ripetutamente denaro attraverso licenze e altre commissioni su contenuti o servizi che non ha avuto alcun ruolo nella creazione. Le piccole aziende e gli sviluppatori di app si affidano all'accesso degli utenti iPhone per guadagnare denaro, consentendo ad Apple di incassare una grande percentuale di ogni transazione.

"Il modello di business degli smartphone di Apple, nella sua essenza, è quello che invita quanti più partecipanti possibile, compresi gli utenti iPhone e gli sviluppatori di terze parti, ad aderire alla sua piattaforma, utilizzando i termini contrattuali per costringere questi partecipanti a pagare tariffe sostanziali", si legge nella denuncia. "Allo stesso tempo, Apple limita la capacità dei partecipanti alla piattaforma di negoziare o competere per ridurre le tariffe attraverso app store alternativi, processori di pagamento in-app e altro ancora."

Avere semplicemente un prodotto popolare e ottenere il controllo monopolistico in base al merito non viola le leggi antitrust, ha affermato Garland, ma se un’azienda agisce per soffocare la concorrenza al fine di ottenere o mantenere il potere monopolistico, il Dipartimento di Giustizia “applicherà vigorosamente” la legge antitrust per proteggere i consumatori. Ha osservato che si stima che Apple controlli oltre il 70% del mercato degli smartphone ad alte prestazioni negli Stati Uniti.

La denuncia sottolineava inoltre che una causa antitrust simile aveva aiutato Apple a prosperare nei primi anni 2000, quando il Dipartimento di Giustizia fece causa con successo a Microsoft (MSFT), consentendo ad aziende come Apple di offrire piattaforme come iTunes su PC Windows.

La causa contro Apple si unisce ad altre del DOJ, di numerosi procuratori generali statali e della Federal Trade Commission contro altri giganti della tecnologia come Amazon, Google e Meta. Negli ultimi mesi molte di quelle stesse aziende sono state sottoposte al controllo normativo dell’Unione Europea su una serie di questioni.

Apple non ha risposto immediatamente a una richiesta di commento.

PARAMOUNT – Una società di private equity sta facendo grandi offerte per lo studio hollywoodiano della Paramount. Apollo Gestione Globale ha fatto un'offerta da 11 miliardi di dollari per acquistare le attività cinematografiche e televisive della società di intrattenimento, ha riferito mercoledì il Wall Street Journal. L'importo dell'offerta supera la capitalizzazione di mercato della Paramount, che era di circa 7,7 miliardi di dollari. I direttori della Paramount stanno esaminando un'altra offerta della società di produzione Skydance Media di fondersi con tutta la Paramount , che possiede anche , Nickelodeon e una serie di altre reti via cavo. Ma l’azionista di controllo Shari Redstone e altri membri del consiglio si sono opposti alla vendita dello studio cinematografico, che considerano il gioiello della corona dell’azienda.

ROKU - Cross Screen Media martedì scorso ha annunciato una partnership con Roku. Come riporta Yahoo Finance, i clienti di Cross Screen Media ora possono monitorare meglio la loro spesa su Roku ed utilizzare la sua piattaforma pubblicitaria. Inoltre, gli utenti possono utilizzare i dati di Roku per rivolgersi a famiglie specifiche con annunci sulla TV e sulla TV in streaming. La partnership permette alle agenzie di raggiungere più facilmente le persone a cui vogliono rivolgersi ricorrendo all’inventario premium di Roku e ai dati che raccolgono loro stessi.

PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 USCITI NELLA SCORSA SETTIMANA.

LULULEMON ATHLETICA – 13,28%. La società è un designer e rivenditore di abbigliamento tecnico sportivo che opera principalmente in Nord America e Australia, ha riportato utili nel quarto trimestre 2023 pari a 5,29 $/az. su ricavi per 3,21 mld $. La stima degli analisti per gli utili era pari a 5,01 $/az. su ricavi per 3,19 mld $. Il fatturato è cresciuto del 15,63% su base annua. La società ha dichiarato di aspettarsi per il primo trimestre fiscale 2024 utili tra 2,35 e 2,40 $/az. su ricavi tra 2,175 e 2,20 mld $ e l'attuale stima degli analisti per gli utili è pari a 2,55 $/az. su ricavi pari a 2,28 mld $. Inoltre la società ha affermato che ora si aspetta utili per tutto l’anno fiscale 2024 tra 14,00 e 14,20 $/az. su ricavi tra 10,70 e 10,80 mld $, mentre l'attuale stima degli analisti per gli utili è di 14,36 $/az. su ricavi di 10,92 mld $.

Calvin McDonald, A.D. della società, ha dichiarato: "Siamo soddisfatti dell'ottima conclusione del nostro anno 2023 e continuiamo a essere in vantaggio rispetto alla nostra strategia Power of Three × 2. Durante il quarto trimestre, abbiamo assistito a un aumento continuo attraverso i canali, le aree geografiche e le categorie merceologiche, guidate dai nostri team in tutto il mondo. Mentre entriamo nel 2024, ci concentriamo sulle significative opportunità future per Lululemon mentre lavoriamo nel dinamico ambiente di vendita al dettaglio e offriamo agli ospiti nuovi prodotti innovativi e attivazioni del marchio. Siamo ancora all'inizio del nostro percorso di crescita e siamo entusiasti di ciò che ci riserva il futuro. A livello contabile nel quarto trimestre 2023 abbiamo riportato: ricavi netti in aumento del 16% a 3,2 mld $ rispetto a 2,772 mld $ dello stesso periodo 2022; vendite comparabili in aumento del 12%; costo del venduto pari a 1,302 mld $ rispetto a 1,244 mld $ ; un utile lordo in aumento del 20% a 1,903 mld $ rispetto a 1,528 mld $ ; un margine lordo in aumento di 200 punti base al 59,4% rispetto al 55,1% ; spese totali generali pari a 990 mln $ rispetto a 803 mln $ ; un reddito operativo in aumento del 16% e un margine operativo in aumento di 20 punti base al 28,5% dall’11,3% .L’utile diluito per azione è stato di 5,29 $ rispetto a 4,40 dollari del quarto trimestre 2022. Abbiamo riacquistato nel trimestre 0,1 milioni di azioni per un costo pari a 54,0 mln $, mentre per tutto l’anno 2023 abbiamo riacquistato 1,5 milioni di azioni per un costo pari a 554,6 mln $. Abbiamo chiuso il 2023 con 2,2 mld $ in liquidità e mezzi equivalenti rispetto a 1,2 mld $ della fine del 2022. Alla fine del 2023 disponevamo di 393,7 mln $ di capacità nell'ambito della nostra linea di credito revolving. Le scorte alla fine del 2023 sono diminuite del 9% a 1,3 mld $ rispetto a 1,4 mld $ della fine del 2022. Infine abbiamo aperto 25 nuovi negozi netti gestiti dall'azienda durante il trimestre, per un totale di 711 negozi.”

MICRON TECHNO + 18,19%. L'azienda è un produttore e distributore di memorie e storage DRAM, NAND Flash e NOR, sensori di immagine CMOS e altri componenti a semiconduttore, ha riportato una perdita nel secondo trimestre fiscale 2024 pari a 0,42 $/az. su un fatturato di 5,82 mld $. La stima degli analisti era per una perdita di 0,27 $/az. su un fatturato pari a 5,32 mld $. I ricavi sono cresciuti del 57,70% su base annua. La società ha detto che prevede utili nel terzo trimestre fiscale 2024 tra 0,38 e 0,52 $/az. su un fatturato tra 6,40 e 6,80 mld $. L'attuale stima degli analisti per gli utili è pari a 0,18 $/az. su un fatturato di 5,73 mld $.

Sanjay Mehrotra, Presidente e CEO della società, ha affermato: "Micron ha conseguito risultati fiscali nel secondo trimestre con ricavi, margine lordo ed utili per azione ben al di sopra della fascia alta delle nostre previsioni, a testimonianza dell'eccellente lavoro del nostro team in termini di prezzi, prodotti e operazioni. Il nostro preminente portafoglio di prodotti ci posiziona bene per garantire una solida seconda metà fiscale del 2024. Riteniamo che Micron sia uno dei maggiori beneficiari nel settore dei semiconduttori dell’opportunità pluriennale offerta dall’intelligenza artificiale. A livello contabile nel secondo trimestre fiscale 2024 abbiamo riportato: un fatturato pari a 5,82 mld $ rispetto a 4,73 mld $ del trimestre precedente e 3,69 mld $ dello stesso periodo fiscale del 2023; un margine lordo di 1,079 mld $ pari al 18,5% del ricavo e rispetto alla perdita pari a 1,206 mld $ dello stesso periodo fiscale 2023; spese operative pari a 888 mln $ rispetto a 1,097 mld $ dello stesso periodo fiscale del 2023; un utile netto pari a 476 mln $, ovvero 0,42 $/az. Il flusso di cassa operativo è stato pari a 1,22 mld $ rispetto a 343 mln $ dello stesso periodo fiscale 2023. Abbiamo chiuso il secondo trimestre fiscale con liquidità, investimenti negoziabili e liquidità vincolata pari a 9,72 mld $. Il 20 marzo 2024, il nostro CdA ha approvato un dividendo trimestrale pari a 0,115 $/az., pagabile in contanti il ​​16 aprile 2024 agli azionisti registrati alla chiusura delle attività il 1 aprile 2024.”

PINDUODUO – 0,60%. E’ la più grande piattaforma tecnologica incentrata sull'agricoltura in Cina, che serve 731 milioni di acquirenti attivi a partire da settembre 2020. Ha creato una piattaforma che collega agricoltori e distributori con i consumatori direttamente attraverso la sua esperienza di acquisto interattiva, ha riportato utili nel quarto trimestre 2023 pari a 2,40 $/az. su un fatturato di 12,52 mld $. La stima di consenso per gli utili era pari a 1,60 $/az. su ricavi per 11,99 mld $. I ricavi sono aumentati del 116,83% su base annua.

Lei Chen, Presidente e Co-A.D. della società, ha affermato: “Il 2023 rappresenta un capitolo cruciale nella nostra storia aziendale mentre ci muoviamo verso uno sviluppo di alta qualità. Nel 2024, resteremo impegnati a migliorare ulteriormente le esperienze dei consumatori, potenziare le innovazioni tecnologiche e generare impatti positivi nelle nostre comunità. Nel quarto trimestre abbiamo assistito a una domanda in crescita, guidata dal sentiment incoraggiante dei consumatori. Continueremo la nostra strategia di sviluppo di alta qualità, restando impegnati a offrire un grande valore e un servizio eccezionale e continuando a costruire comunità fiorenti che possano avvantaggiare tutti. Nel 2023, i nostri investimenti in ricerca e sviluppo hanno superato i 1,5 mld $ per il secondo anno consecutivo, sottolineando la nostra dedizione alla tecnologia e ai progressi agricoli. Il nostro focus rimane sulla creazione di valore duraturo attraverso iniziative strategiche con impatti sostenibili e positivi. A livello contabile nel quarto trimestre 2023 abbiamo riportato: ricavi totali pari a 12,518 mld $, con un aumento del 123% rispetto a 39.820,0 milioni di RMB nello stesso trimestre del 2022. L’aumento è dovuto principalmente all’aumento dei ricavi derivanti dai servizi di marketing online e dai servizi di transazione; costi totali dei ricavi pari a 4,940 mld $, con un aumento del 293% rispetto a 1,257 mld $ dello stesso trimestre del 2022; spese operative totali pari a 4,423 mld $, con un aumento del 44% rispetto a 3,068 mld $ dello stesso trimestre del 2022. L’aumento è dovuto principalmente a un aumento delle spese di vendita e marketing; un utile operativo pari a 3,462 mld $, con un aumento del 112% rispetto a 1,634 mld $ dello stesso trimestre del 2022; un utile netto pari a 3,588 mld $, con un aumento del 110% rispetto a 1,705 mld $ dello stesso trimestre del 2022 per un utile per azione pari a 2,40 $. Il flusso di cassa operativo è stato pari a 5,196 mld $, rispetto a 3,740 mld $ dello stesso trimestre del 2022, principalmente a causa dell’aumento dell’utile netto. Al 31 dicembre 2023 la liquidità, le disponibilità liquide e gli investimenti a breve termine ammontavano a 30,6 mld $ rispetto a 21,042 mld $ del 31 dicembre 2022.”

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