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NASDAQ100 WEEKLY - Settimana di consolidamento sugli indici azionari USA in attesa del FOMC !


RICORDIAMO CHE E’ IN VIGORE L’ORA LEGALE NEGLI STATI UNITI.

SECONDA SETTIMANA CONSECUTIVA DI MODESTI RIBASSI PER I TRE MAGGIORI INDICI AZIONARI USA ! I DATI MACRO SUPERIORI ALLE ATTESE SULL’INFLAZIONE HANNO FATTO VOLARE I RENDIMENTI DEI BONDS, CONSOLIDARE IL DOLLARO, SALIRE I PREZZI DEL PETROLIO E SCENDERE QUELLI DELL’ORO E DEI BITCOIN.

In attesa della riunione del FOMC in materia di tassi di interesse di mercoledì prossimo, la settimana appena trascorsa è stata vissuta intensamente dagli investitori intorno agli importanti dati di febbraio circa lo stato dell’inflazione statunitense. Pertanto prima di andare ad analizzare i mercati azionari USA andiamo a vedere come sono usciti i dati macro.

L'attesissimo report settimanale, ovvero il CPI USA di febbraio, prima indicazione sui prezzi dello scorso mese, ancora una volta il dato, la terza di seguito se non erro, ha sorpreso al rialzo, così come il dato ‘core ex-food & energy)’ che non mostra segnali per un rientro sostenibile al target della FED. Il seguente grafico mostra come la media mobile a 3 mesi annualizzata della “core inflation” sia arrivata al 4.18%, il doppio del target FED (istogramma giallo) e quella a 6 mesi sta al 3.9% annualizzato. Si tratta di valori difficilmente compatibili con una FED che taglia i tassi 3 o 4 volte nel secondo semestre 2024. Chiaro, non ci siamo ancora arrivati, mancano 3 o 4 mesi.

Le retail sales di febbraio hanno sostanzialmente deluso il consenso, tenuto conto anche delle revisioni a gennaio e dicembre. Il dato control group, il più rilevante per il GDP, e depurato delle componenti volatili, è rimasto invariato rispetto a gennaio, e quello headline è uscito più debole, con le revisioni che collocano i consumi su una traiettoria più bassa rispetto a quanto stimato finora. Questo report imporrà una revisione al ribasso delle stime di crescita (Es Morgan Stanley le ha prontamente abbassate da 2.3% a 2%).

I prezzi alla produzione, per contro, hanno sorpreso al rialzo, anche se, depurati delle componenti volatili, la sorpresa non è più così grossa. Detto questo, il mercato forse aveva fatto la bocca a un dato benigno, anche per il fatto che in questo report non vi sono stime sballate del costo degli alloggi a gonfiare i numeri come nel CPI. Il report di oggi eleva un po' la stima del PCE deflator in pubblicazione il 29 marzo.

Chiudono il quadro dei sussidi di disoccupazione settimanali migliori delle attese, ma non tanto quanto suggeriscono i numeri. Infatti sono state riviste le serie, per eliminare le distorsioni causate dal Covid, e se quella dei numeri settimanali è cambiata poco, da quella del monte percettori sono sparite 100.000 unità circa. Goldman aveva fatto un buon lavoro nel depurare la serie, che sottostimava i percettori nella seconda metà dell'anno scorso, e li sovrastimava adesso.

Come riportato in precedenti articoli, i dati presi singolarmente offrono un quadro economico differente rispetto a quanto espresso dall’uniformità degli stessi anche perché, spesso di questi tempi, le revisioni imperano portando altra confusione. Quindi, se i dati parlano di segnali di rallentamento dei consumi, come evidenziato anche dal pessimo dato mensile della fiducia dei consumatori elaborata dall’Università del Michigan, dall’altra parte bisogna considerare che l’inflazione sta sorprendendo un po' al rialzo, dando segnali di ripresa, come mostrato dal grafico dell’indice che misura la sorpresa dell’inflazione in tre differenti aree geografiche a cura di Citigroup:

Mentre per quanto riguarda il mercato del lavoro, anche quello che è stato a lungo il principale problema per i piccoli business, ovvero il reperimento di manodopera qualificata, sta diminuendo di rilevanza, anche se si trova ancora su livelli storicamente elevati. In generale abbiamo ulteriori segnali che domanda e offerta sul mercato del lavoro si stanno riequilibrando.

La reazione dei mercati

Tutto sommato gli indici S&P500 e DOW JONES sono stati soltanto scalfiti dall’uscita positiva dei dati macro, mentre il NASDAQ100 ha superato di poco l’uno percento di perdita, praticamente nulla rispetto a quello che sarebbe successo in altri tempi. Ma a farne le spese pesantemente è stato l’indice delle ‘small cap’, il RUSSELL 2000 che sembra essere l'unico indice a conservare una sensibilità elevata ai tassi di interesse. Ma andiamo con ordine.

L’inizio della settimana appena trascorsa partiva già con il piede sbagliato, con il Nasdaq100 che apriva le contrattazioni, addirittura, in gap per la continuazione di prese di beneficio sulle big cap del tech, con i titoli dei cosiddetti ‘Magnificent Seven’ in calo, soprattutto su NVIDIA mentre lievi negatività si presentavano sugli altri due indici maggiori. Ma la sorpresa avveniva nella giornata di martedì scorso con l’apertura del cash degli indici dopo la pubblicazione dei dati sulle vendite al dettaglio (CPI). In netta contro tendenza al positivo dato i compratori, dopo un breve passaggio in negativo all’inizio delle contrattazioni, prendevano il sopravvento facendo accumulare bei progressi agli indici maggiori, ad eccezione del Russell 2000 Small Caps, tradizionalmente infastidito dal rialzo dei rendimenti. Settorialmente si è osservato un bel rimbalzo dei semiconduttori e in generale dei titoli facenti parte il cosiddetto listino ‘Magnificent Seven’ che guadagnavano complessivamente il + 2,88% con NVIDIA a far da capo popolo con un brillante + 7%. Mentre i Bonds dopo una prima lieve salita dei prezzi, ma durata poco, coerentemente al dato hanno preso a scendere facendo guadagnare ai rendimenti diversi bps, soprattutto sulle scadenze corte, ma non così aggressivamente come ci si poteva aspettare. Anche sul Dollaro il guadagno è stato relativo, mentre l’impatto si è fatto sentire maggiormente sulle commodities, in particolare quelle preziose.

E veniamo alle successive tre sedute negative. In un mercoledì privo di dati macro l'S&P500 ed il Dow Jones passavano la giornata incapaci di prendere una direzione per poi chiudere con lievi perdite, mentre il Nasdaq100 veniva appesantito dalla nuova correzione di NVIDIA & C, con i cali di APPLE e TESLA diventato il peggior titolo dell'S&P500 da inizio anno. Stesso discorso nella giornata di giovedì scorso che però vedeva la pubblicazione dei dati macro sui prezzi alla produzione usciti sopra le attese, che hanno generato un elevato rialzo dei rendimenti dei Bonds ma un moderato calo per tutti e tre gli indici maggiori. L'unico indice massacrato, al solito, è stato il Russell 2000, -1.96%. L'indice delle Small Caps USA è tornato quasi flat da inizio anno riuscendo a sottoperformare l'S&P500 di quasi un 8% in 2 mesi e mezzo ribadendo la propria incompatibilità ai tassi di interesse. Ed infine veniamo alla giornata di venerdì scorso con Wall Street partita pesante e che in chiusura di contrattazioni riporta la maggiore perdita settimanale per tutti e tre gli indici maggiori, e questa volta non c’entrano i dati macro ma, molto probabilmente, che era il giorno del ‘quadruple witching’, quando scadono le opzioni su futures, indici e singole azioni. Gli operatori suggeriscono che la scadenza di venerdì scorso sia stata una delle più grosse degli ultimi anni, come ammontare economico, con una nettissima prevalenza di opzioni call. Lo scorso 15 Dicembre, ‘quadruple witching’ del quarto trimestre del 2023, il rally era più giovane (+14% dai minimi rispetto al +25% attuale, e il grosso delle opzioni call erano state già girate sulla scadenza marzo, cosa che ha apparentemente limitato l'impatto delle scadenze. Questa volta, a giudicare dall'open interest, non sembra che il travaso sia avvenuto e quindi lo sparire di tutto il gamma che si porta via l'incasso di queste opzioni call potrebbe essere un fattore in più per generare la correzione che ci aspettiamo da un po'. La perdita più pesante è ad opera del Nasdaq100 con il titolo ADOBE a fare da apripista con oltre un – 13,5%, mentre tra i titoli dei ‘Magnificent Seven’, AMAZON e MICROSOFT con perdite superiori al 2%.

Rimanendo nell’ambito azionario ma cambiando orizzonte geografico, riportiamo come la narrativa sull'azionario cinese abbia virato di recente. Giorni fa Morgan Stanley aveva notato che gli investitori internazionali stavano ritrovando interesse per l'azionario cinese. Anche Bloomberg ha osservato che diversi settori hanno messo a segno performance di oltre il 20% dai minimi, inaugurando un bull market in senso tecnico.

Certo, questi rialzi sono per ora serviti a recuperare appena le perdite di gennaio. Ma comunque il rimbalzo in generale inizia a farsi corposo, con i principali indici tornati positivi da inizio anno, e la borsa di Shenzhen (SZSE) in progresso di quasi il 5%. Il recente acquisto di azioni cinesi da parte di fondi statali nel tentativo di rafforzare la fiducia del mercato ha contribuito a far salire il valore del più grande fondo sovrano onshore quotato in borsa della nazione, il Central Huijin Investment Ltd, a un record di 200 miliardi di yuan (28 miliardi di dollari).

Infine diamo uno sguardo ai fondi azionari statunitensi che nei sette giorni terminati il 13 marzo hanno registrato afflussi per la terza settimana consecutiva, con gli investitori ottimisti su un rally a Wall Street e aggrappati alla speranza di tagli dei tassi quest'anno, anche se l'inflazione si dimostra ostinata.

Secondo i dati del London Stock Exchange Group (LSEG), gli investitori hanno acquistato 4,93 mld $ di fondi azionari statunitensi, il più grande acquisto netto settimanale dal 14 febbraio.

La fiducia degli investitori è stata rafforzata dal rally da record di Wall Street quest’anno e dalle recenti osservazioni del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, che suggeriscono che la banca centrale è vicina ad avere la certezza che l’inflazione si è attenuata abbastanza da iniziare a ridurre i tassi di interesse.

Gli investitori hanno acquistato fondi statunitensi a grande, piccola e multi-capitalizzazione per un valore netto rispettivamente di 2,88 mld $, 1,8 mld $ e 771 mln $. Tuttavia, i fondi a media capitalizzazione hanno registrato vendite nette per 584 mln $.

I settori, tecnologico e finanziario, hanno attirato i maggiori afflussi, rispettivamente con 554 mln $ netti e 389 mln $. I beni di consumo discrezionali hanno assistito ad un'uscita netta di 889 mln $

Passiamo ora ad analizzare il mercato monetario.

Sul fronte bond i rendimenti sono saliti, per la quinta seduta di seguito.

Al rialzo dei rendimenti ha contribuito prima del dato sui consumi personali (CPI), un’asta Treasury a 3 anni dalla domanda mediocre, così come un’asta sui Treasury a 10 anni, successiva al dato CPI, debole come domanda e con rendimento d'asta sopra il secondario.

Poi ci si è messa pure la Yellen a dire che sebbene la prognosi per l'inflazione sia positiva (ci mancherebbe!), il rientro potrebbe essere "accidentato". Sì, ma il punto è "quanto" accidentato ?

Con questo scenario, per una volta combaciante di FOMC e mercato, che proietta una FED che potrebbe iniziare a tagliare i tassi a giugno/luglio e fare 3 o 4 tagli nel 2024, di spazio per incidenti non ce n’è poi molto, secondo noi. Dopodomani abbiamo la riunione del FOMC e visto il tono degli ultimi dati macro usciti (CPI, PPI) non è certo che il Presidente Powell possa mantenere i toni accomodanti dell’ultimo FOMC e delle ultime comparsate. D’altro canto, l’obiettivo del tasso dei fondi federali, compreso tra il 5,25% e il 5,5%, è relativamente alto in termini nominali e al netto dell’inflazione, e ci sono segnali che l’attuale forza dell’economia non durerà – un punto a cui il presidente Jerome Powell ha accennato recentemente. Se così fosse, la politica monetaria potrebbe presto iniziare a mostrarsi restrittiva, rafforzando la necessità di un taglio. Un indicatore chiave dell’inflazione, che esclude la volatilità dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari, è sceso al di sotto del 3% negli ultimi mesi da quasi il 5% dall’inizio dello scorso anno.

A causa del ritardo con cui si manifestano gli interventi dei tassi sull’economia, la questione è se la crescita persisterà o meno a fronte dei passati rialzi dei tassi di interesse. Ciò potrebbe essere risolta nei prossimi sei mesi ?

La FED aumenta i tassi di interesse a breve termine per raffreddare l’inflazione rallentando la domanda, le assunzioni e la crescita dei salari. Lo fa attraverso gli effetti a catena sulle condizioni finanziarie più ampie, come i prezzi delle azioni, i tassi obbligazionari e ipotecari a lungo termine. Il tasso di interesse che raggiunge condizioni finanziarie tali da mantenere l’economia in piena forza e l’inflazione stabile è chiamato “neutrale”. Per rallentare la crescita e ridurre l’inflazione, la FED deve spingere i tassi al di sopra della neutralità. Alcuni dirigenti aziendali, economisti e funzionari della FED affermano che una crescita solida suggerisce che i tassi potrebbero non essere molto al di sopra della neutralità in questo momento.

Ma ci sono ragioni per ritenere che la crescita sorprendentemente sostenuta del 3,1% nel 2023 non rifletta quanto sia realmente restrittiva la politica monetaria. Powell ha suggerito che la crescita non è il risultato della domanda ma riflette invece un’esplosione di offerta derivante da una maggiore immigrazione e da un maggior numero di persone che entrano nel mondo del lavoro. Nella conferenza stampa della riunione del FOMC dello scorso 31 gennaio, ai giornalisti ha detto: “Ciò non andrà avanti per sempre. Quando tutto ciò si esaurirà, la restrizione [monetaria] si manifesterà, probabilmente, in modo più netto”.

Alcuni economisti sostengono che finché i tassi di interesse rimarranno alti come sono adesso, l’economia dovrà affrontare un ostacolo da parte delle famiglie e delle imprese che dovranno destinare maggiori entrate alle spese per interessi. Indicando altre sacche di debolezza. Secondo S&P Global, i valori degli immobili commerciali sono crollati e i tassi di insolvenza sui prestiti garantiti da uffici sono balzati a dicembre al 5,8%, il più alto dalla fine del 2017. Stanno aumentando anche le inadempienze sui prestiti garantiti da appartamenti.

I sondaggi mostrano che le banche si stanno ritirando dai prestiti al consumo. I tassi di interesse sulle carte di credito sono vicini ai massimi storici e le inadempienze delle carte di credito sono in aumento. Anche le riserve di risparmio delle famiglie per i consumatori a basso reddito, accumulate durante la pandemia grazie al contenimento della spesa e agli aiuti governativi, sembrano essere esaurite. I depositi bancari e i fondi del mercato monetario sono al di sotto dei livelli pre-pandemici se adeguati all’inflazione per tutte le famiglie tranne che per il 20% dei più benestanti. I consumatori hanno speso molto negli ultimi anni perché “avevano soldi in tasca”, ha affermato il presidente della FED di Filadelfia Patrick Harker. “I consumatori con un reddito da basso a moderato hanno superato tutto questo e stanno lottando. Ecco perché si stanno caricando di debiti sulle carte di credito”.

Ian Borden, direttore finanziario del gigante del fast food McDonald's, ha dichiarato la scorsa settimana che sempre più consumatori mangiano a casa invece di cenare fuori, ora che quelle riserve di risparmio sono esaurite. Così come i dirigenti di imprese di costruttori di case della nazione, hanno detto la scorsa settimana che molti potenziali acquirenti negli ultimi mesi hanno avuto difficoltà a qualificarsi per un prestito, perché avevano troppi debiti.

Sebbene la crescita dell’occupazione sia forte e la disoccupazione stabile, il numero di posti di lavoro disponibili sta diminuendo e la crescita dei salari è rallentata, il che indica entrambi un rallentamento della domanda di manodopera. Secondo la Federazione nazionale delle imprese indipendenti, la percentuale di piccole imprese che intendono aggiungere posti di lavoro è scesa al 12% a febbraio, il livello più basso dai tempi della pandemia.

Come si può notare, la situazione economica statunitense è florida ma con diversi segnali di rallentamento, quanto forti starà alla FED comprenderlo. Staremo a vedere.

Sempre nella settimana che chiudeva il 13 marzo, gli afflussi verso i fondi obbligazionari statunitensi sono rallentati bruscamente a 3,81 mld $ netti rispetto ai 10,54 mld $ di due settimane fa. La domanda di reddito fisso imponibile nazionale generale negli Stati Uniti è scesa a 1,76 mld $ netti da 4,65 mld 4, e quella di fondi investment grade a breve/intermedio termine a 1,64 mld $ da 4,21 mld $.

In questo contesto andiamo, quindi, a vedere nello specifico lo scenario che si è presentato nel fine settimana appena trascorso sulle probabilità dei tagli sui tassi d’interesse nel 2024. Ovviamente l’uscita dei dati macro positivi su CPI e PPI hanno modificato sostanzialmente le probabilità di tagli ai tassi facendoli slittare nel tempo riducendone l’ampiezza.

Tralasciando la scadenza di dopodomani con la certezza al 100% che la FED non modificherà l’attuale stato dei tassi, lo strumento FedWatch del CME Group mostra come i mercati, per la successiva riunione del 2024 in programma il 1° maggio, prezzino una probabilità del 94,5% di mantenere i tassi fermi rispetto all’81,7% di due venerdì fa e del 69,7% di un mese fa (v. grafico):

Il mese ‘clou’ per quanto riguardano le probabilità del primo taglio dei tassi, rimane sempre quello relativo alla riunione del 12 giugno, con le probabilità di un taglio di soli 25 bps che si abbassano al 55,3% rispetto al 59,6% di due venerdì fa. Mentre si alzano notevolmente le probabilità per nessun taglio al 41,6% rispetto al 28,4% di due venerdì fa (v. grafico):

Prende forza, per quanto riguarda la riunione del 31 luglio, le probabilità di un taglio pari a 25 bps che salgono al 49,1% rispetto al 39,6% di due venerdì fa. Così come salgono le probabilità di nessun taglio dal 10,2% di due venerdì fa all’attuale 22,7%. Il tutto a discapito delle probabilità di un taglio per complessivi 50 bps (1 da 0,50% o due da 0,25%) che dal 42,4% di due venerdì fa passa all’attuale 26,8% (v. grafico):

Infine, per l’ultima riunione del 2024, riprendono le preferenze per le probabilità di un taglio per complessivi 75 bps che salgono al 34,7% dal 29,3% di due venerdì fa, a scapito delle probabilità per un taglio complessivo di 100 bps che dal 34,2% di due venerdì fa passano all’attuale 23,5%. Così come riprendono quota le probabilità di un taglio complessivo di soli 50 bps che dal 12,7% di due venerdì fa passa all’attuale 25,0% a scapito di un taglio complessivo di 125 bps che passano dal 18,1% di due venerdì fa all’attuale 6,6% (v. grafico):

Sul fronte rendimenti abbiamo già detto come la positività sui dati inflattivi abbia generato ben cinque giorni consecutivi di rialzi. La scadenza corta è quella che più ha beneficiato di questa situazione con il Treasury 2Y che è passato al 4,73% dal 4,478% di due venerdì fa. Mentre guadagna un po’ meno il Treasury 10Y che dal 4,079% di due venerdì fa passa all’attuale 4,31%, seguito a ruota dal 30Y che passa dal 4,255% di due venerdì fa all’attuale 4,431%.

Conseguentemente aumenta anche lo spread 2Y-10Y, riportandosi a 42 bps rispetto ai 39,9 bps di due venerdì fa.

Infine i tassi reali, al netto dell’attuale tasso di inflazione, mostrano il grafico del breakeven inflation a 10 anni ritorna al 2,32% come a fine febbraio (v. grafico):

Analisi grafica dell’indice di riferimento di una parte delle nostre operazioni, il NASDAQ100. Seconda settimana consecutiva in perdita per l’indice tech. Ovviamente con tutto quello che ha guadagnato da fine ottobre 2023, parlare di una perdita di qualcosa più del 3% in due settimane fa ridere a livello di performance e, come ribadiamo da tempo, una correzione più profonda sarebbe necessaria, soprattutto sui titoli cosiddetti ‘Magnificent Seven’, visto che il resto del listino nella scorsa settimana risulta più penalizzato di quello ‘non pesato’. Infatti l’indice Nasdaq100 ‘equal weighted’ perde il – 1,55% portando la performance annuale al + 2,73% appesantito soprattutto dall’indice PHLX Semiconductor (- 2,67% settimanale), ampliando così in negativo la forbice dal listino normale. Vedremo in questa settimana se la retorica del Presidente della FED Powell e dei suoi discepoli aumentino o meno l’avversione al rischio. Graficamente notiamo come il supportino in area 18000 sia stato spazzato via, mentre il supporto in area 17800, al momento, sta facendo il suo dovere ma non crediamo resista molto. Quindi non rimane che valutare il test del supporto in area 17600, quindi quello in area 17300. Viceversa il primo obiettivo rialzista rimane sempre l’area 18500. Il livello di RSI a 49 indica che tutti e due gli scenari sono possibili con maggiore preponderanza alla continuazione del trend negativo. Vedremo. La settimana si è chiusa a 17808.25 con una perdita del – 1,17% rispetto alla chiusura della scorsa settimana, il che porta ad un guadagno del + 5,84% rispetto alla chiusura del 2023.

Diverso dall’indice tech il discorso per l’indice S&P500 che presenta un consolidamento dei prezzi a ridosso dei propri massimi storici. La perdita settimanale è stata irrilevante e comunque la performance negativa dai massimi è di appena l’1,40%. Da ridere. Fermo restando che la retorica post-FOMC possa incidere anche su questo listino, passiamo ad analizzare i numeri che vedono la conferma di quanto scritto nell’articolo della scorsa settimana, con una fase di consolidamento tra le aree 5190 e 5050 punti (in realtà finora i prezzi non sono scesi sotto i 5100 punti). Pertanto anche in questa settimana confermiamo che la fase di consolidamento possa avvenire tra le suddette aree senza creare alcun problema, anzi abbassando ulteriormente il valore attuale dell’RSI (57 punti) a tutto vantaggio di un prossimo rimbalzo a ritoccare i massimi recenti. In caso di persistente negatività troviamo un forte supporto in area 5000 punti costituito dal ritracciamento del 38,2% di onda (3) di [5], non che soglia psicologica. In controtendenza con l’indice ‘normale’, notiamo che l’indice S&P500 ‘equal weighted’ ha fatto registrare, nella giornata di mercoledì scorso, il proprio massimo storico a 6746.50, per poi ripiegare di 100 punti in chiusura di ottava, portando il guadagno da inizio anno al 3,82% ma ampliando il gap al 3,46% rispetto all’S&P500 ‘normale’. L’indice Cboe Volatility Index (VIX) che nella giornata di lunedì scorso era tornato a percepire un aumento della componente rischio portandosi a 16 punti, nei giorni successivi rientrava nella ‘normalità’ degli ultimi due mesi e mezzo, in area 14. Da notare, però, che graficamente sta disegnando minimi e massimi crescenti. Di pari passo al VIX, continua a scendere l’indice della ‘paura’ e parliamo dello skew del CBOE sull’S&P500 – un indicatore del mercato delle opzioni per la domanda relativa di contratti call al rialzo rispetto a contratti put al ribasso – che dai 150 punti di tre settimane fa si è portato a 139 punti in chiusura di ottava. La settimana si è chiusa a 5117.10 con una perdita del -0,13% rispetto alla chiusura della scorsa settimana, il che porta ad un guadagno del + 7,28% rispetto alla chiusura del 2023.

Altra settimana interlocutoria per le performance del listino delle major, il DOW JONES. La fase di consolidamento continua in un range di poco sopra i 2 punti percentuali tra le aree 39200 e 38400, favorendo ulteriormente la discesa del livello di RSI ora a 50 punti. I titoli AMAZON, MICROSOFT e SALESFORCE hanno pesato sulle performance del listino nella giornata di venerdì scorso, altrimenti in crescita settimanale. Per questa settimana i movimenti dovrebbero prevedere una continuazione della fase di lateralità, eventuali accelerazioni nei due sensi alla rottura dei livelli sopra citati con maggiori probabilità verso il test del supporto, il cui superamento proietterebbe i prezzi sul supporto in area 38000 punti in coincidenza con l’ultimo minimo significativo. La settimana si è chiusa a 38714.78 praticamente invariato rispetto alla chiusura della scorsa settimana, il che porta ad un guadagno del + 2,72% rispetto alla chiusura del 2023.

ORO INDEX

Dopo il rally da record della settimana precedente, questa settimana l'Oro ha messo in scena una correzione, sotto la pressione della ripresa dei rendimenti dei titoli del Tesoro USA. Gli annunci in materia di politica monetaria da parte della FED e il riepilogo delle proiezioni sul taglio dei tassi (il cosiddetto ‘dot plot’) di questa settimana potrebbero aiutare i mercati a decidere se la commodity preziosa punterà a nuovi massimi storici o estenderà la sua correzione al ribasso.

I mercati hanno iniziato la scorsa settimana in sordina e l'Oro non è riuscito a prendere una direzione, chiudendo con piccoli guadagni nella giornata di lunedì. Mentre martedì, il Bureau of Labor Statistics (BLS) ha annunciato che l’inflazione annuale negli Stati Uniti, misurata dalla variazione dell’indice dei prezzi al consumo (CPI), è salita al 3,2% a febbraio dal 3,1% di gennaio. Su base mensile il dato CPI e il dato CPI ‘core’ sono entrambi aumentati dello 0,4%. Il rendimento dei titoli del Tesoro USA a 10 anni di riferimento è aumentato di oltre l'1% dopo la pubblicazione dei dati e ha fatto sì che il metallo giallo interrompesse una serie di rialzi consecutivi di nove giorni perdendo oltre l'1% nel corso della giornata. In assenza di dati macro di alto livello nella giornata di mercoledì, l'Oro è entrato in una fase di consolidamento ed è riuscito a cancellare una parte delle perdite del giorno precedente. Ma giovedì erano previsti altri dati macro importanti ad iniziare con la pubblicazione da parte della BLS dei dati sull’indice dei prezzi alla produzione annuali (PPI) in aumento dell’1,6% a febbraio, dopo l’aumento dell’1% registrato a gennaio e superando di ampio margine le aspettative del mercato dell’1,1%. Altri dati pubblicati hanno mostrato che le vendite al dettaglio sono aumentate dello 0,6% su base mensile a febbraio dopo essere scese dell'1,1% a gennaio, mentre il numero di richieste di sussidi di disoccupazione è sceso da 210.000 a 209.000 nella settimana terminata il 9 marzo. A seguito di questi dati, gli investitori hanno iniziato a rivalutare i tempi per un primo taglio dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve prolungando il trend rialzista dei rendimenti dei Treasury statunitensi saliti nuovamente sui massimi di febbraio. A sua volta le quotazioni dell’Oro venivano sottoposte a una rinnovata pressione ribassista scendendo sotto i 2160 $/oz., livello dove chiudevano le contrattazioni settimanali in un venerdì privo di spunti.

Per questa settimana, in assenza di dati macro importanti, la scena verrà presa tutta dalla FED che, nella giornata di mercoledì, annuncerà le decisioni di politica monetaria e pubblicherà il riepilogo rivisto delle proiezioni economiche, il cosiddetto ‘dot plot’. La previsione è che l’Istituto lascerà invariate le impostazioni di politica monetaria.

A dicembre, il ‘dot plot’ mostrava che il Comitato prevedeva un totale di 75 punti base (bps) di tagli dei tassi nel 2024. Nel caso in cui il ‘dot plot’ mostrasse che i membri siano propensi verso un taglio totale dei tassi di soli 50 bps quest’anno, la reazione del mercato potrebbe dare una spinta al rialzo dei rendimenti dei Bonds e del Dollaro. Gli investitori presteranno molta attenzione anche alle previsioni di inflazione che era del 2,4% a dicembre. Venisse lasciata invariata o rivista al rialzo ciò potrebbe amplificare l’impatto positivo sul dollaro e sui rendimenti. Viceversa, se il ‘dot plot’ mostrasse che i membri della FED sono ancora a favore di tagli totali di 75 bps nel 2024 con anche una revisione al ribasso delle previsioni di inflazione, ciò potrebbe essere visto come uno sviluppo accomodante che potrebbe mettere pressione sia al Dollaro che ai rendimenti, e il tutto potrebbe alimentare un altro rialzo delle quotazioni dell’Oro.

Inoltre gli investitori presteranno molta attenzione ai commenti del Presidente della FED, Jerome Powell, nella conferenza stampa post-riunione. Fermo restando che non sono previsti tagli anche nella riunione di Maggio, se Powell lasciasse la porta aperta a un taglio dei tassi a giugno, metterebbe pressione al Dollaro. Mentre in caso di dichiarazioni dal tono cauto e si astenesse dal segnalare una svolta sui tassi a giugno, è molto probabile che le quotazioni dell’Oro rimangano sotto pressione ribassista.

La Banca del Giappone (BoJ) e la Banca d’Inghilterra (BoE) annunceranno le decisioni sulle rispettive politiche monetarie nel corso di questa settimana. Anche se è improbabile che questi eventi abbiano un impatto diretto sulla valutazione dell'Oro, ma potrebbero influenzare l'azione a breve termine della domanda di Dollari.

Prospettive tecniche dell’Oro

Non cambiano le prospettive per i prezzi dell’Oro rispetto a quanto riportato nell’articolo della scorsa settimana. Come riportato nell’articolo auspicavamo una fase di consolidamento tra i massimi e l’area dei 2.150 $/oz. anche per scaricare l’enorme ipercomprato, cosa che è avvenuta puntualmente. Ora, anche a seguito della riunione del FOMC e visti gli ultimi dati macro usciti, i prezzi potranno estendere il loro consolidamento nella fascia suddetta oppure correggere verso i supporti in area 2.125 e 2.100 $/oz., difficilmente vedremo in settimana nuovi record.

Passando agli altri due metalli preziosi che seguiamo nel nostro Portafoglio, i prezzi del Platino per tutta la scorsa settimana hanno tentato di superare l’area 940 $/oz. riuscendoci solo in intraday e chiudendo l’ottava a 942 $/oz. appena sopra la M.M. semplice a 200 periodi

ma solo per merito della suddetta media che si è inclinata verso il basso. La congestione continua anche se qualche timido segnale di risveglio sembra presentarsi per il prossimo obiettivo in area 1000 $/oz.

Diverso il discorso per le quotazioni dell’Argento che dopo essere riuscite a superare la propria M.M. a 200 periodi in area 23,50 $/oz. sono andate sempre più crescendo superando prima la resistenza in area 24 $/oz. quindi l’importante resistenza in area 25 $/oz. con un massimo intraday a 25,66 $/oz. per poi chiudere l’ottava a 25,40 $/oz. Ora lo scenario ideale sarebbe quello di consolidare su queste quotazioni senza scendere sotto i 25 $/oz. per poi tentare l’attacco al doppio massimo più recente, quello di maggio e dicembre 2023 in area 26,50 $/oz. area nella quale ci vedrà venditori del nostro investimento. Il livello di RSI ancora sotto l’area di ipercomprato potrebbe favorire questa possibilità. Vedremo.

La quotazione settimanale dell’Oro si è chiusa a 2159.40 $/oz. con una perdita del – 1,23% rispetto alla precedente settimana che porta ad un guadagno da fine anno del + 4,23%. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 2155.92 $/oz. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES APRILE 2024:

POLITICA USA

La corsa nelle primarie repubblicane e democratiche ha ormai definito chi sarà a sfidarsi alle elezioni di novembre. Parliamo del Presidente uscente Joe Biden e di Donald Trump. Martedì scorso Biden ha raggiunto e superato il numero di delegati che gli servivano per vincere la nomination democratica con i risultati in arrivo dalle primarie in Georgia. A seguire, anche l’ex Presidente Donald Trump ha chiuso il discorso nomination presidenziale con i risultati in arrivo da quattro stati. Dopo aver raggiunto la nomination democratica, Biden ha dichiarato: “Gli elettori ora hanno una scelta da fare riguardo il futuro di questo Paese. Ci alzeremo e difenderemo la nostra democrazia o lasceremo che altri la distruggano? Ristabiliremo il diritto di scegliere e proteggere le nostre libertà o lasceremo che estremisti ce le tolgano?”. Trump, invece, in un video ha detto che non c’è tempo di festeggiare, focalizzandosi sulla sfida elettorale con Biden: “Chiuderemo i nostri confini. Faremo cose come nessuno ha mai visto prima. E faremo in modo che l’economia della nostra nazione sia la migliore di sempre al mondo”.

Nel frattempo pubblichiamo il calendario dei concorsi per la nomina presidenziale. Domani, martedì, saranno cinque gli stati interessati dalle primarie: Arizona, Florida, Illinois, Kansas ed Ohio.

Tra gli elettori democratici è attivo un movimento di protesta che contesta il sostegno del governo USA ad Israele nel conflitto con Hamas, il quale propone di esprimere la propria opposizione alla posizione dell’attuale Presidente barrando la casella “uncommitted” (non schierato) nelle loro schede elettorali, come già accaduto in precedenza. In Arizona, i promotori della protesta invitano gli elettori a scegliere la dem Marianne Williamson, nell’Illinois a lasciare la scheda bianca o scrivere “Gaza”. In Florida il partito statale ha di fatto annullato le primarie dem dopo aver votato per elencare Biden come unico candidato sulla scheda elettorale.

Sempre a proposito di elezioni, venerdì scorso Mike Pence, già vicepresidente degli Stati Uniti durante il mandato di Donald Trump e in un primo momento in corsa per la nomination repubblicana per le prossime presidenziali, ha detto che non sosterrà l’ex Presidente in vista dell’appuntamento elettorale di novembre.

Per quanto riguarda il Congresso, come riportato dai media, venerdì scorso lo speaker della Camera, il repubblicano Mike Johnson ha detto che i leader del GOP alla Camera stanno ancora valutando le loro opzioni sull’avanzamento dei finanziamenti all’Ucraina e non ha escluso la possibilità di andare avanti con un pacchetto che rinunci ai cambiamenti alla politica di frontiera. Quando gli è stato chiesto se stava prendendo in considerazione una legislazione sull’Ucraina senza regole più severe per le frontiere, ha risposto che stanno valutando tutte le opzioni e che non sono ancora pronti a pronunciarsi a riguardo. I giornalisti inoltre gli hanno domandato se questo significa che potrà passare un disegno di legge sugli aiuti all’Ucraina senza nuove misure di sicurezza alle frontiere e lo speaker Johnson ha risposto: “No, non ho detto questo. L’avete detto voi”.

POLITICA USA – CINA

Mercoledì scorso alla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti è stato approvato un disegno di legge che darebbe alla società cinese ByteDance circa sei mesi per cedere le attività statunitensi dell’app TikTok o, in caso contrario, ricevere un ban. Un disegno di legge che alla Camera è passato con 352 voti favorevoli e 65 contrari, con sostegno bipartisan. Non è scontato che l’esito della votazione sia lo stesso al Senato. Steve Scalise, repubblicano leader della maggioranza alla Camera, ha detto: “Si tratta di una questione critica per la sicurezza nazionale. Il Senato deve occuparsene e approvarla”. Karine Jean-Pierre, portavoce della Casa Bianca, ha detto che anche l’amministrazione Biden vuole vedere il Senato agire rapidamente. Il disegno di legge prevede che l’azienda avrà a disposizione 165 giorni per presentare un ricorso legale una volta che il disegno di legge stesso sarà stato firmato dal Presidente Biden, il quale ha detto che lo firmerebbe.

Secondo l’amministratore delegato di TikTok, Shou Zi Chew, nel caso in cui il disegno di legge dovesse diventare legge condurrebbe ad un ‘ban’ dell’app negli USA e “toglierebbe miliardi di dollari dalle tasche di creators e piccole imprese”.

Intanto, TikTok conta sul supporto da parte dei propri utenti statunitensi. Venerdì scorso l’app ha fatto arrivare una notifica ad alcuni utenti degli USA invitandoli a chiamare i senatori e chiedere di opporsi al disegno di legge. Nella notifica era possibile inserire il codice postale per individuare il numero di telefono del proprio senatore di riferimento. “Ora, se il Senato vota a favore, il futuro della creatività e delle comunità che amate su TikTok potrebbe essere chiuso”, si legge nella notifica. Reuters riporta che un portavoce di TikTok ha detto che continueranno ad informare la propria community su come il ‘ban’ li riguarderà e su come possono farsi sentire; il portavoce ha anche spiegato che l’alert viene inviato solo ad utenti che hanno l’età per votare.

La misura, che si inserisce nell’ambito di altre mosse volte a rispondere a preoccupazioni sulla sicurezza nazionale statunitense riguardo la CINA, è stata criticata dal ministero degli esteri cinese. Il portavoce del ministero Wang Wenbin ha detto: “La Camera dei rappresentanti statunitense che approva questo disegno di legge, consente agli Stati Uniti di stare dalla parte opposta dei principi della concorrenza leale e delle regole di commercio internazionale”. Wang ha detto che gli Stati Uniti non hanno trovato prove di violazioni della sicurezza nazionale da parte di TikTok, ma hanno abusato del potere statale per perseguire l’azienda. L’amministratore delegato di TikTok, invece, ha spiegato che l’azienda non ha mai condiviso dati di utenti statunitensi con il governo cinese, ne ha ricevuto richiesta di condividerli e nemmeno lo farebbe se fosse avanzata una richiesta di questo tipo.

POLITICA DELLA FED

Secondo meeting del FOMC del 2024 in vista. Il comitato della banca centrale statunitense che si occupa di politica monetaria si riunirà domani, martedì, e mercoledì. Per quanto riguarda i tassi, l’esito certo è quello di un meeting senza ‘mosse’, ovvero al termine del quale il tasso di riferimento resterà al 5,25%-5,5%, rimandando il primo taglio. Al di là dell’atteso ‘stallo’ sul livello dei tassi, dal meeting potrebbe emergere qualche indicazione sulle prossime scelte dei decisori politici della FED (sarà reso noto il “dot plot”, grafico aggiornato con cadenza trimestrale che riporta le previsioni dei membri del FOMC per i tassi sui federal funds) e, inoltre, potrebbe iniziare anche la discussione intorno al rallentamento del deflusso di bilancio della banca centrale.

La segretaria al Tesoro, Janet Yellen, mercoledì scorso ha rilasciato un’intervista a Fox Business nell’ambito della quale ha fatto il punto sulla situazione inflazione. Yellen ha detto che per l’inflazione potrebbe esserci un ritorno alla normalità accidentato in seguito a report che hanno evidenziato come le pressioni sui prezzi nell’economia USA siano rimbalzate all’inizio dell’anno. La segretaria al Tesoro ha anche respinto i timori relativi alla stagflazione: “La maggior parte dei decisori pensa che siamo su un percorso in cui l’inflazione scenderà nel tempo”. Yellen ha sottolineato che i progressi sull’inflazione non si sono fermati, inoltre ha spiegato come la priorità numero uno del Presidente Joe Biden sia far fronte ai costi elevati.

Secondo Yellen, inoltre, nei prossimi mesi calerà il costo degli alloggi in affitto, ritenuto uno dei principali fattori che hanno contribuito all’inflazione a gennaio e febbraio. “Mi aspetto che il principale fattore che contribuisce all’inflazione diminuirà nel corso di quest’anno”, ha detto la segretaria al Tesoro.

DATI MACROECONOMICI

Ancora una volta l’indice dei prezzi al consumo ha sorpreso al rialzo. Il dato a livello annualizzato a febbraio si attesta al 3,2%, segnando una leggera crescita rispetto al 3,1% di gennaio ed al consensus sempre del 3,1%. Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Il dato core (che esclude il settore del cibo e dell’energia) dell’indice dei prezzi al consumo a livello mensile a febbraio cresce dello 0,4%, come nel mese di gennaio ed appena sopra al consensus del +0,3%.

A livello annualizzato, il dato di febbraio si attesta al 3,8%, rispetto ad un consensus del 3,7% ed una rilevazione di gennaio del 3,9%. I dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Le vendite al dettaglio a febbraio registrano una crescita dello 0,6% su base mensile, meno di quanto indicato da un consensus del +0,8%, ma in direzione opposta rispetto al -1,1% di gennaio (rivisto da -0,8%). Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.

Le vendite al dettaglio Control Group a febbraio segnano un +0,0%, dopo il calo dello 0,3% di gennaio (rivisto da -0,4%). Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.

L’indice dei prezzi alla produzione core su base mensile a febbraio cresce dello 0,3%, appena oltre il consensus del +0,2% e con un rallentamento rispetto al +0,5% di gennaio.

Su base annua, a febbraio si registra una crescita del 2,0%, rispetto ad un consensus del +1,9% ed il +2,0% di gennaio. I dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione nella settimana terminata il 9 marzo sono state 209 mila, quasi in linea con la rilevazione della settimana precedente di 210 mila (rivista da 217 mila) e sotto al consensus di 218 mila. Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.

Le produzioni industriale e manifatturiera hanno sorpreso al rialzo a febbraio, ma le revisioni a gennaio più che compensano per la sorpresa, collocando la crescita più in basso. Questo report comporterà altre lievi revisioni al ribasso delle stime di GDP. Il dato sulla produzione industriale statunitense a livello mensile a febbraio registra una crescita dello 0,1% dopo il -0,5% di gennaio (rivisto da -0,1%) e rispetto ad un consensus del +0,0%. Il dato è rilasciato dalla Federal Reserve.

L’indice manifatturiero del New York Empire State è tornato a crollare e per il quarto mese consecutivo è accompagnato dal segno ‘meno’. In particolare, a marzo si attesta a -20,90 punti, rispetto ad un consensus di -7,00 punti ed una rilevazione di febbraio di -2,40 punti. Il dato è rilasciato dalla Federal Reserve Bank di New York.

Il dato preliminare di marzo dell’indice di fiducia dei consumatori elaborato dall’Università del Michigan è pari a 76,5 punti, rilevazione inferiore al dato di febbraio di 76,9 punti.

PORTAFOGLI AZIONARI

Dopo una settimana di lievi perdite sugli indici azionari USA, si fanno avanti i listini europei che proseguono i loro trend rialzisti riportando le soddisfazioni sui nostri portafogli azionari.  Partendo dal Portafoglio Storico, siamo andati a target su ben due titoli del mercato europeo con il bancario olandese ING GROUP che ci ha regalato un buon + 6,90% (cosa rara in soli 60 giorni per un titolo bancario) ed un bel + 7,06% sul titolo tedesco E.ON. Tanti bei tozzi di pane da stipare in cantina. Per il resto, ribadiamo che l’unica sofferenza viene sempre dal titolo CHARTER COMMUNICATION che continua a sbattere con la resistenza dei 300 $. Dall’uscita dei dati economici trimestrali di un mese e mezzo fa, fino ad oggi in intraday ha più volte violato tale soglia senza mai riuscire a chiudere una sessione sopra, sembra strano ma è così. Sono convinto che una volta violata tale soglia con un paio di chiusure giornaliere, il titolo si riprenderà andando a target, sempre che prima non vada a prenderci lo STOP. Purtroppo su GILEAD SCIENCES e HONEYWELL, arrivati ad un passo dai rispettivi target, dobbiamo aspettare un altro giro.

Per quanto riguarda il portafoglio The Challenge non sono stati raggiunti altri target in settimana, ma continuiamo nel lavoro di sfoltimento dei titoli che non presentano più ‘appeal’ dal punto di vista dei fondamentali. E parliamo del titolo FIERA MILANO sul quale siamo usciti in pareggio dopo 2 anni e mezzo di sofferenze. Puntavamo molto sul fatto che dopo i divieti imposti dal COVID, l’attività principale riprendesse a viaggiare, invece in codesto periodo i debiti sono rimasti presso che stabili, gli introiti sono diminuiti e gli interessi da pagare sono aumentati. Quindi abbiamo preso al volo questo momento di euforia dovuto ad un ROIC in crescita nell’ultimo trimestre per uscire dal titolo in pareggio. L’errore non è uscire oggi da un titolo che, forse, potrebbe riprendere a generare utili ma, con il senno di poi, a non aver acquistato un secondo lotto quando ad ottobre scorso il titolo perdeva il 50%. Purtroppo non facendo parte del CdA della società non potevamo sapere che stavano tentando di rimettere i conti a posto. In ogni caso ‘pari e patta’ e nessuno si è fatto male. Passando a notizie più confortanti, teniamoci pronti a vendere in profit l’investimento nell’ETC PHAG, quello sull’Argento per intenderci, sperando che il sottostante future riesca a dare un colpo di coda fino in area 26/26,30 $/oz. che dovrebbe corrispondere all’incirca al nostro livello di target dell’ETC pari a 21,95 €. In ogni caso appena i prezzi dovessero toccare una sola delle due aree, si vende e si porta a casa. Per riprendere il discorso fatto la scorsa settimana sull’ETC VANECK GOLD MINERS continuiamo a vedere che se le quotazioni dell’Oro fanno i massimi storici, i prezzi dell’ETC delle società minerarie, dormono. Se le quotazioni dell’Argento salgono costantemente, i prezzi dell’ETC continuano a dormire. L’impressione finale è che, questa volta, dovremmo prendere una perdita e portarla a casa. Sul fronte acquisti, dopo APPLE, manteniamo le antenne dritte su ADOBE che venerdì scorso ha perso uno sproposito in base alle trimestrali economiche riportate in linea con le attese e dal massimo storico del 2 febbraio ha lasciato sul parterre ben il – 23%. Sicuramente il titolo era tra i più sopravvalutati, ma con l’Intelligenza Artificiale di mezzo, come si fa a calcolare quanto un titolo è sopra o sotto valutato viste le possibili potenzialità di questa nuova disciplina della scienza ?  Detto ciò iniziamo la copertura del titolo. Aspettiamo sempre che un altro titolo nel mirino scenda un po' di prezzo per ridurre il rischio. Non riportiamo il nominativo altrimenti vi fiondate nell’acquisto a qualsiasi prezzo. Infine poco da dire sugli altri titoli con BREMBO che, dopo la sparata successiva alla pubblicazione del bilancio economico trimestrale, ha corretto. IBERDROLA litiga con la propria M.M. a 200 periodi e, come cantava Califano, tutto il resto è noia !

Alla prossima.

FOCUS SU AZIONI

UNITED AIRLINES – La compagnia aerea è vicina ad assicurarsi tre dozzine o più di jet Airbus A321neo da noleggiatori di aerei, come riferito da diverse agenzie di stampa citando persone a conoscenza della questione. United è alla ricerca di alternative agli aerei MAX 10 non certificati della Boeing, la cui consegna era prevista quest'anno e che avrebbero dovuto diventare la pietra angolare della sua flotta. Tuttavia una serie di incidenti occorsi di recente ad aerei della Boeing hanno costretto la Federal Aviation Administration (FAA) ad indagare. La prima emergenza si è verificata in volo a gennaio su un 737 MAX 9 dell’Alaska Airlines provocata dallo scoppio della presa di un portellone, ha sollevato nuovi dubbi sulla sua certificazione. Poi, un Boeing 737 della United il 4 marzo diretto in Florida e in partenza da Houston è tornato all'aeroporto poco dopo il decollo dopo che il motore ha ingerito del pluriball di plastica che si trovava sull'aerodromo prima della partenza. I post sui social media mostravano fiamme che uscivano dal motore. Due settimane fa un Boeing 737 MAX operato dalla United Airlines è rotolato sull'erba e fuori pista a Houston. Sempre due settimane fa anche un Boeing 777-200 della United diretto in Giappone ha perso un pneumatico dopo il decollo da San Francisco ed è stato dirottato a Los Angeles dove è atterrato sano e salvo.

La United aveva ordinato 277 jet MAX 10 con opzioni per altri 200. United si era rivolta ad Airbus per acquistare i jet A321neo come possibili alternative al suo ordine MAX 10, ma il portafoglio ordini del produttore di aerei è pieno fino al 2030. Martedì scorso, l’A.D. della United, Scott Kirby, ha detto che la compagnia aerea vuole i jet A321 ma che non sarebbe disposta a pagare più del dovuto per averli.

TESLA – Aumenti dei prezzi in vista per Tesla. L’azienda con sede ad Austin nei giorni scorsi ha annunciato aumenti sia per gli USA che per l’Europa. Venerdì Tesla ha comunicato l’1 aprile aumenterà di 1.000 dollari i prezzi di tutte le auto Model Y. L’1 marzo l’azienda aveva aumentato di 1.000 dollari anche i prezzi dei veicoli Model Y a trazione posteriore e a lungo raggio; Tesla non ha detto esplicitamente se l’aumento di aprile si aggiungerà a quello di marzo per i modelli a trazione posteriore e a lungo raggio. Sabato l’azienda ha fatto sapere che il 22 marzo aumenterà di circa 2.000 euro (o l’equivalente nella valuta locale) il prezzo dei suoi veicoli elettrici Model Y in diversi Paesi europei.

PARAMOUNT – La compagnia privata indiana Reliance Industries ha trovato l’accordo per l’acquisizione dell’intera quota di Paramount Global, pari al 13,01%, in Viacom 18 Media, azienda media indiana. La cifra per l’acquisizione è di circa 517 milioni di dollari. Paramount ha detto che continuerà a concedere in licenza i suoi contenuti a Viacom 18 dopo la chiusura dell’accordo. La transazione è inoltre soggetta al completamento della fusione annunciata in precedenza da Reliance con Walt Disney per le loro attività televisive e di streaming in India.

PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 USCITI NELLA SCORSA SETTIMANA.

ADOBE SYSTEMS – 10,74%. La società offre una linea di software e servizi utilizzati da professionisti creativi, professionisti del marketing, sviluppatori, imprese e consumatori, ha riportato utili nel primo trimestre fiscale 2024 pari a 4,48 $/az. su ricavi per 5,18 mld $. La stima degli analisti per gli utili era pari a 4,38 $/az. su ricavi per 5,14 mld $. Il fatturato è aumentato del 11,32% su base annua. La società ha dichiarato di aspettarsi per il secondo trimestre fiscale 2024 utili tra 4,35 e 4,40 $/az. su ricavi tra 5,25 e 5,30 mld $ e l'attuale stima degli analisti per gli utili è pari a 4,04 $/az. su ricavi pari a 5,31 mld $.

Shantanu Narayen, Presidente e CEO di Adobe, ha affermato: "Adobe ha registrato ricavi record nel primo trimestre, dimostrando un forte aumento nei settori Creative Cloud, Document Cloud ed Experience Cloud. Abbiamo svolto un lavoro incredibile sfruttando la potenza dell'intelligenza artificiale generativa per offrire innovazioni rivoluzionarie in tutto il nostro portafoglio di prodotti. I risultati del primo trimestre di Adobe e l'RPO (obblighi di prestazioni rimanenti) record riflettono la forte adozione da parte dei clienti dei nostri prodotti e servizi innovativi. Come risultato del nostro percorso di crescita e redditività, stiamo annunciando un nuovo programma di riacquisto di azioni pari a 25 mld $, che dimostra il continuo impegno di Adobe nel restituire capitale ai nostri azionisti. A livello contabile nel primo trimestre fiscale 2024 abbiamo riportato: un fatturato pari a 5,18 mld $ che rappresenta una crescita su base annua del 12% a valuta costante; un costo totale del venduto pari a 590 mln $; un utile operativo pari a 2,47 mld $ mentre l’utile netto è stato pari a 2,05 mld $ per un utile per azione pari a 4,48 $. Il flusso di cassa operativo è stato pari a 1,17 mld $. Al 1° marzo avevamo contanti, mezzi equivalenti e investimenti a breve termine pari a 6,820 mld $. Gli obblighi di prestazioni rimanenti (“RPO”) in uscita dal trimestre ammontavano a 17,58 mld $. Infine durante il trimestre abbiamo riacquistato circa 3,1 milioni di azioni.”

DOLLAR TREE – 13,86%. La società ha una catena di negozi discount che offrono merce al prezzo fisso di 1,00-1,25 $, ha riportato utili nel quarto trimestre fiscale 2024 pari a 2,55 $/az. su un fatturato di 8,64 mld $. La stima degli analisti per gli utili era di 2,67 $/az. su un fatturato pari a 7,67 mld $. I ricavi sono aumentati del 11,97% su base annua. Inoltre la società ha detto che prevede utili nel primo trimestre fiscale 2025 tra 1,33 e 1,48 $/az. su un fatturato tra 7,60 e 7,90 mld $. L'attuale stima degli analisti per gli utili è pari a 1,70 $/az. su un fatturato di 7,65 mld $. Infine la società ha detto di aspettarsi utili per l’intero anno fiscale 2025 tra 6,70 e 7,30 $/az. per un fatturato tra 31,00 e 32,00 $ mld. L'attuale stima degli analisti per il 2025 per gli utili è pari a 7,05 $/az. su ricavi di 31,70 mld $.

Rick Dreiling, Presidente e A.D. della società, ha affermato: “Abbiamo concluso l'anno alla grande, con risultati del quarto trimestre che riflettono tendenze positive del traffico, guadagni di quote di mercato e miglioramento del margine rettificato in entrambi i segmenti. Anche se siamo ancora nelle fasi iniziali del nostro percorso di trasformazione, sono orgoglioso di ciò che il nostro team ha realizzato nel 2023 e vedo una lunga strada di crescita davanti a noi. Guardando al 2024, stiamo accelerando il nostro lancio multi-prezzo su Dollar Tree e intraprendendo azioni decisive per migliorare la redditività e sbloccare valore su Family Dollar. Come organizzazione, continuiamo a operare ad alto livello. La nostra performance operativa principale è stata forte nel quarto trimestre, nonostante alcuni sviluppi imprevisti legati alle richieste di risarcimento per responsabilità generale. A livello contabile nel quarto trimestre fiscale 2024 abbiamo riportato: vendite nette consolidate in aumento dell'11,9% a 8,63 mld $, le vendite nette aziendali nello stesso negozio sono aumentate del 3,0%, guidate da un aumento del traffico del 4,6%, parzialmente compensato da un calo dell'1,5% nello scontrino medio; costo del venduto e spese generali ed amministrative pari a 4,6695 mld $; un utile lordo in aumento del 19,8% a 2,86 mld $ e un margine lordo in aumento di 220 punti base al 33,1%; un utile operativo diminuito del 20,0% a 1,79 mld $ e un margine operativo diminuito di 210 punti base al 5,8%; un utile netto pari a 555,7 mln $ per un utile per azione pari a 2,55 $ inclusi 0,17 $ di costi relativi principalmente a richieste di risarcimento di responsabilità generale. Il flusso di cassa operativo è stato pari a 1,2549 mld $ mentre il flusso netto di cassa è stato pari a 470,8 mln $. Al 3 febbraio 2024 avevano contanti, mezzi equivalenti e liquidità vincolata pari a 757,2 mln $. Nell’arco dell’anno 2023abbiamo riacquistato 3.905.599 azioni pari a 504,3 mln $, comprese le accise applicabili. Durante il quarto trimestre abbiamo annunciato di aver avviato una revisione completa del portafoglio negozi. A seguito di questa revisione, prevediamo di chiudere circa 600 negozi Family Dollar nella prima metà dell'anno fiscale 2024. Inoltre, circa 370 negozi Family Dollar e 30 Dollar Tree chiuderanno nei prossimi anni alla fine dell'attuale contratto di locazione di ciascun negozio.”

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SEGNALI DI ENTRATA E DI USCITA DEL MODELLO QUANTITATIVO LOMBARD PER IL TRADING SULLE AZIONI NASDAQ TIME FRAME SETTIMANALE. I SEGNALI VENGONO GENERATI UNA VOLTA A SETTIMANA E PUBBLICATI SUL SITO IL LUNEDI MATTINA E VALEVOLI PER TUTTA LE SETTIMANA. IL REPORT SI COMPONE DI SEGNALI DI ACQUISTO PER NUOVE POSIZIONI E DI AGGIORNAMENTO PER I TITOLI GIA' PRESENTI IN PORTAFOGLIO.
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