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NASDAQ100 WEEKLY - Ottimo recupero per gli indici azionari USA, soprattutto per l'indice tech !


RICORDIAMO CHE OGGI E’ FESTA NEGLI USA PER IL MARTIN LUTHER KING DAY.

GRAN BEL RECUPERO DEI MERCATI AZIONARI (SOPRATTUTTO DEL NASDAQ100), MENO PER GLI OBBLIGAZIONARI.

Nella settimana appena trascorsa, Wall Street ha recuperato quasi interamente le perdite della settimana di inizio anno, nonostante la pubblicazione del dato sull’inflazione (CPI) che ha sorpreso marginalmente al rialzo, ma a dare manforte all’azionario e all’obbligazionario è stata la pubblicazione (venerdì) dei dati che la FED dice di prediligere, quella sui prezzi al consumo (PCE), sia in versione headline che ‘core’, i quali, a sorpresa, sono usciti al ribasso rafforzando la probabilità che questo numero si assesti allo 0.2% il che fa calare le medie annualizzate a 3 e 6 mesi dalle parti del target della FED al 2%. Ovviamente il sollievo dell'azionario e dell’obbligazionario è comprensibile, se alle sorprese inflattive al rialzo si da poco peso ma si prendono in considerazione quelle al ribasso, è inevitabile che il trend al rialzo dei due strumenti si rafforzi in attesa delle decisioni della FED in materia di tassi.

I report contrastanti degli ultimi due giorni hanno prodotto una buona performance settimanale con il Nasdaq100 sugli scudi (oltre il + 3%), mentre il Dow Jones (+ 0,34%) è rimasto frenato soprattutto dai problemi di Boeing e UnitedHealth; in mezzo a queste performance hanno chiuso la settimana l’indice S&P500 (+ 1,85%) ed anche l’indice delle Small Caps, il Russell2000 (+ 1,93%). A quanto pare, anche nel 2024 l'azionario continua a recuperare molto più rapidamente di quanto scende, assorbendo la negatività delle prime trimestrali economiche societarie pubblicate, come quella di Samsung che ha registrato un calo del 35% dell'utile operativo a 2,8 trilioni di won (2,1 miliardi di dollari), circa il 24% in meno rispetto alle stime. Le entrate sono scese più del previsto a 67 trilioni di won. Per tutto il 2023, Samsung ha riportato il suo utile operativo più basso degli ultimi 15 anni abbassando, inolgtre, la previsione per il 2024. E quelle delle grandi banche USA che hanno in generale lasciato l'amaro in bocca, forse per le attese che erano elevate e le quotazioni che avevano corso tanto recentemente. In aggregato, JPMorgan, Citigroup, Wells Fargo e Bank of America hanno mandato l'indice delle banche USA in calo.

Ovviamente gli oracolisti dei media e i commentatori di siti finanziari non si sono fatti sfuggire l'occasione per dire che il 2024 è iniziato male ("la peggior partenza dal 2003") e speculare su quello che questo significa per l'intero anno 2024.

Tra l'altro, il recente ottimismo sull'inflazione - giustificato dai recenti dati - sta reggendo nonostante i costi dei trasporti che si stanno impennando in reazione alla reazione degli spedizionieri alla minaccia di attacchi dei guerriglieri Houthi nel Mar Rosso, dove passa tra il 10 e il 15% delle merci per mare globali. Tra costi assicurativi, rotte alternative e calo del traffico i prezzi stanno esplodendo.

Uno spike di breve durata avrà un impatto ridotto sull'inflazione. Se invece la cosa si dovesse protrarre, l'impatto potrebbe non essere banale sui costi dei beni e delle commodity. Un ritorno di inflazione da costi non è certo un fatto positivo per ciclo e margini. Per ora i bonds non stanno prendendo in considerazione granché la questione che, se non è ancora motivo per correre ai ripari, però merita un monitoraggio attento.

Tornando al discorso utili contro performance, precedente citato a proposito delle trimestrali delle banche USA, interessanti sono questi grafici di Deutsche Bank in cui mostra la relazione tra le performance di Wall Street nel corso della stagione corrente delle trimestrali e le performance dello stesso indice nella corsa verso le pubblicazioni, nonché il posizionamento.

Come si nota dai grafici di seguito, quanto più l'S&P500 è avanzato (grafico 1) dalla fine della precedente stagione delle trimestrali e a quanto più gli investitori sono sovrappeso (grafico 2), tanto meno in media l'indice performa.

Considerando il rally degli ultimi 2 mesi del 2023 e il posizionamento (ultima rilevazione 0.5 deviazioni standard sopra la media), posto che il ridimensionamento delle attese dovrebbe portare le aziende USA a battere agevolmente le stime, parte del rally relativo dovrebbe essere già stato incamerato dagli indici.

Passiamo ora ad analizzare il mercato monetario.

Il CPI headline di dicembre è uscito moderatamente sopra attese a +0.3%, in rimbalzo da novembre, cosa che ha fatto salire più delle attese il dato anno su anno. Il dato ‘core’ è uscito in linea con le attese ma gli arrotondamenti hanno fatto scendere un po' meno il dato anno su anno. Il contributo del settore energia è tornato a salire. La media a 3 mesi e a 6 mesi annualizzata del dato ‘core’ sono ancora sopra il 3%. Sempre a livello ‘core’ il dato, escluse le abitazioni, è salito di 0.4% per il secondo mese di seguito, mostrando una resilienza che sembra indicare che nei servizi l'inflazione continua ad essere maggiormente radicata. Il contributo delle abitazioni (+0.5%) è sempre importante, dedotto il quale l’implicazione recita che il trend dovrebbe restare al ribasso.

Questo fenomeno è forse stato in parte alimentato dalla circostanza che in settimana 2 membri su 3 della FED (Barkin e Goolsbee, dei quali leggeremo a parte) hanno glissato sulla probabilità di un taglio dei Fed Funds a marzo rispondendo che "non volevano pregiudicarsi la possibilità di decidere" e "non si volevano legare le mani". Sembra che anche la convinzione del Comitato stia scemando.

In generale un report che non nega lo scenario di rientro dell'inflazione tendenziale verso il target, ma mostra che potrebbe esserci della volatilità e della resilienza, in particolare se l'economia tiene nel breve. Nulla di grave, ma non in linea con un mercato che attribuisce più del 70% di probabilità ad un taglio al FOMC di marzo, e ne sconta oltre 3 entro luglio. Così negli ultimi due giorni della settimana, il movimento al ribasso sui rendimenti dei Treasuries è ripreso corposo, trainando anche i rendimenti europei, mentre l'azionario ha continuato la via del rialzo trascinando anche il rialzo dei preziosi.

Andiamo a vedere nello specifico lo scenario che si è presentato nel fine settimana appena trascorso sulle probabilità dei tagli sui tassi d’interesse nel 2024:

Lo strumento FedWatch del CME Group mostra come i mercati, per la prima riunione del 2024 in programma il 31 gennaio, sono oramai convinti che la FED non taglierà i tassi a meno di improbabili fattori eclatanti da qui alla fine del mese (v. grafico):

Si alzano considerevolmente, per la riunione del 20 marzo, le probabilità di un taglio di 25 bps da parte degli investitori al 76,9% rispetto al 64% di due venerdì fa (v. grafico):

La sorpresa più eclatante arriva per la riunione del 12 giugno, con le probabilità che si arrivi ad aver tagliato ben 100 bps (cioè due tagli dello 0,25% ed uno dello 0,50%) che dal 3,1% di due venerdì fa passa al 30,8%, mentre rimangono abbastanza stabili le probabilità per un taglio complessivo di 75 bps che dal 50% passano all’attuale 53,5% (v. grafico):

Infine, per l’ultima riunione del 2024, prende vigore il taglio complessivo di ben 175 bps con il mercato che alza le probabilità dal 18,3% di due venerdì fa all’attuale 39,3% (in verità ci sembra eccessivo un taglio complessivo così ampio, ma….), mentre scendono dal 35,9% al 29,0% le probabilità di un taglio complessivo di un punto e mezzo percentuale, che ci sembra, al momento, la soluzione sulla quale puntare (v. grafico):

E veniamo ai numeri dei rendimenti dei Treasury che dai nuovi minimi di fine anno, hanno rimbalzato nella prima settimana del 2024 per scendere considerevolmente dopo i dati macro di giovedì e venerdì scorso, soprattutto sulle scadenze brevi.

Nello specifico, la scadenza corta del 2 anni passa dal 4,383% di due venerdì fa al 4,148% del fine settimana. Discesa meno corposa per il Treasury 10Y che dal 4,05% di due venerdì fa passa al 3,941% di venerdì scorso. Infine il rendimento del 30Y rimane sostanzialmente stabile scendendo dal 4,205% di due venerdì fa al 4,179% del fine settimana.

Pertanto anche lo spread 2Y-10Y si riduce ulteriormente disinvertendo la curva pesantemente, passando dai 33 bps di due venerdì fa all’attuale 20,7. Dal punto di vista macroeconomico ha senso: se si sconta una FED più accomodante, si alzano le attese di inflazione a medio, in particolare se non è per via di un’economia in forte indebolimento. Detto questo, la disinversione della curva USA in passato (ultimi 40 anni) ha sempre preceduto l'arrivo di una recessione di qualche mese/trimestre (v. grafici):

Naturalmente nessun segnale è perfetto, e in questo caso una curva che si normalizza può effettivamente indicare un atterraggio morbido dell’economia dovuto a un calo dell'inflazione e una FED che coerentemente rimuove la stretta sui tassi.

Infine i tassi reali, al netto dell’attuale tasso di inflazione, che a dicembre erano del 1,675% oggi salgono coerentemente al 2,27% (v. grafico FED di S.Louis):

Analisi grafica dell’indice di riferimento di una parte delle nostre operazioni, il NASDAQ100. Settimana scintillante, quella appena trascorsa, per l’indice tech che ha riportato una performance settimanale che non si vedeva dall’inizio di novembre 2023. Il pullback dell’indice è perfettamente riuscito con le quotazioni che si sono riportate ad un soffio dai precedenti massimi storici. Tutti i titoli rappresentanti i cosiddetti ‘Magnificent Seven’ sono rimbalzati, da Alphabet ad Amazon, da Meta a Microsoft a Nvidia che aggiorna un nuovo massimo storico, solo Apple guadagna meno e Tesla invece chiude in negativo. Graficamente notiamo che il pullback non è andato nemmeno a testare il primo supporto in area 16150 costituito dal ritracciamento del 27,2% di onda 1 di (5) ed il successivo rimbalzo ha portato le quotazioni ad un soffio dal precedente massimo storico del 28 dicembre scorso a 16969,17. Il valore dell’RSI è sceso fino a 48 per riportarsi appena sopra i 60, pertanto nulla osta alle quotazioni di avventurarsi nuovamente in territorio sconosciuto. La prossima resistenza la troviamo in area 17300 [estensione del 61,8% di onda 5 di (3), partendo da onda (4)]. Le prime trimestrali economiche di società importanti del listino verranno pubblicate a fine mese. La seconda settimana del 2024 si è chiusa a 16832.92 con un guadagno del + 3,24% riportando la performance delle prime due settimane del 2024 in parità rispetto alla chiusura di fine anno.

Buon recupero settimanale anche per l’indice maggiore S&P500 che registra a 4802.40 un nuovo massimo relativo rispetto a quello del 2 gennaio scorso, ma non riesce ancora a superare il massimo storico a 4818.62 del 4 gennaio 2022. Durante la settimana l’indice ha dovuto superare le quotazioni ampiamente negative delle azioni bancarie di quattro dei maggiori istituti di credito del paese a causa delle pubblicazioni dei rapporti sugli utili prevalentemente negativi. Inoltre, nella giornata di venerdì scorso l’indice ha dovuto anche superare i forti cali dei titoli delle compagnie aeree e delle azioni delle società che fanno affidamento sulla spesa discrezionale per avvicinarsi sempre di più a un nuovo massimo storico, grazie ai segmenti che hanno guadagnato di più, quali quelli dell’energia, comunicazioni, immobiliari e pubblica utilità. Graficamente notiamo come il pullback sia stato completato senza bisogno di una correzione profonda con il supporto psicologico dell’area 4700/4680 che ha fatto il suo dovere. Nel contempo il livello di RSI è arrivato fino a 37 per poi rimbalzare in chiusura di ottava appena sopra i 60. Quindi spazio c’è per andare finalmente a superare i precedenti massimi storici. Come riportato in precedenza, la settimana oltre ad essere ‘corta’ per la festività, non presenta dati macro importanti ad eccezione di mercoledì quando verranno pubblicati i dati sulle vendite al dettaglio di dicembre. Il sentiment rimane positivo ma con attenzione, in quanto se l’indice Cboe Volatility Index (VIX) viene scambiato a 12,70 quindi sempre appena sopra i minimi, i volumi delle opzioni che vengono generalmente utilizzate per proteggersi dalle oscillazioni del mercato azionario, si è attestato a più di 1,2 milioni di contratti nella giornata di venerdì, al ritmo del livello più alto in circa tre settimane. Di concerto sale anche l’indice della ‘paura’ lo skew del CBOE sull’S&P500 – un indicatore del mercato delle opzioni per la domanda relativa di contratti call al rialzo rispetto a contratti put al ribasso – che dal valore di 132.68 di venerdì 5 gennaio, è salito a 143.81 di venerdì scorso. Vedremo in settimana se le trimestrali economiche in uscita forniranno supporto all’indice o viceversa. La seconda settimana del 2024 si è chiusa a 4783.84 con un guadagno del + 1,85% il che porta ad un guadagno nel 2024 del + 0,30% rispetto all’ultima giornata del 2023.

Sull’indice delle blue-chip, il DOW JONES, riesce a limare per l’ennesima volta il proprio massimo storico a 37825.27 ma nella realtà il listino procede per via laterale, del resto comprensibilmente visto il lungo ed ampio rialzo dalla fine di ottobre scorso. Il Dow è caduto, in gran parte a causa di un calo settimanale del 3,37% del titolo UnitedHealth, dopo che la società ha riportato costi medici più alti del previsto, rappresentando circa 120 punti di pressione al ribasso sull'indice e su JPMorgan Chase che nella settimana scende dell’1,87% dopo aver riportato il suo miglior profitto annuale di sempre e aver previsto un reddito da interessi superiore alle attese per il 2024 (sembra strano ma è così). Graficamente notiamo una continuazione della lateralità con la resistenza in area 37750 (estensione del 127,2% di onda 3 dal minimo di onda 4) che sta facendo il suo dovere. L’eventuale superamento di tale area proietterebbe i prezzi verso la prossima resistenza posta in area 38200 (estensione del 138,2% di onda 3 dal minimo di onda 4. Viceversa, nel caso di correzione, troviamo il primo supporto in area 37000 e successivamente un serio supporto in area 36300 costituito dal ritracciamento del 27,2% di onda 5, che al momento rappresenta un’ipotesi remota. Il livello di RSI, in discesa dai massimi di metà dicembre, rimane comunque di poco sotto la zona di ipercomprato a 64. La seconda settimana del 2024 si è chiusa a 37592.99 con un guadagno del + 0,34% il che porta ad una perdita del - 0,26% rispetto all’ultima giornata del 2023.

ORO INDEX

L'Oro ha iniziato la settimana sotto una modesta pressione ribassista, ma è riuscito a cancellare le sue perdite prima del fine settimana.

Ad inizio settimana, in assenza di dati macroeconomici di alto livello, i mercati sono diventati nervosi a causa dei principali indici azionari asiatici che hanno subito ingenti perdite alla notizia che il gestore patrimoniale cinese Zhongzhi Enterprise Group ha presentato istanza di liquidazione per fallimento, dopo non aver ripagato il debito. Ciò ha rafforzato il valore del Dollar Index mettendo sotto pressione le quotazioni dell’Oro fino a giovedì scorso quando, dopo la pubblicazione dei dati sull’inflazione al rialzo (CPI), ha generato delle reazioni immediate con delle fluttuazioni selvagge che hanno portato le quotazioni dell'Oro a toccare un nuovo minimo plurisettimanale inferiore a 2020 $/oz. mentre il rendimento dei titoli del Tesoro USA a 10 anni di riferimento è avanzato oltre il 4%.

Ma nella giornata di venerdì scorso, i prezzi dell'Oro hanno raggiunto il picco di una settimana a 2067 $/oz., in quanto l'escalation del conflitto in Medio Oriente ha alimentato gli acquisti di beni rifugio, mentre il calo dell'inflazione dei prezzi alla produzione negli Stati Uniti ha alimentato le scommesse su un possibile taglio dei tassi di interesse già nella riunione di marzo da parte della Federal Reserve.

Le notizie provenienti dal Medio Oriente hanno visto Stati Uniti e Gran Bretagna lanciare attacchi aerei sullo Yemen come rappresaglia contro le forze Houthi per gli attacchi alle navi del Mar Rosso lanciati dai combattenti sostenuti dall’Iran come risposta alla guerra a Gaza. L'Iran ha condannato gli attacchi, avvertendo che alimenteranno "insicurezza e instabilità" nella regione.

I prezzi alla produzione statunitensi sono scesi inaspettatamente a dicembre a fronte del calo dei costi di beni come il carburante diesel e i prodotti alimentari, suggerendo che l’inflazione potrebbe continuare a diminuire.

Il calendario della prossima settimana non offrirà alcun rilascio di dati macro di alto livello negli Stati Uniti ad eccezione delle vendite al dettaglio previste in rialzo dello 0,3%, ma i dati sulla crescita cinese e i titoli geopolitici potrebbero influenzare la valutazione del metallo prezioso.

Prospettive tecniche dell’Oro

Tutto è rimasto come due settimane fa, nel senso che le quotazioni dell’Oro devono riuscire a superare e soprattutto consolidare sopra l’area di resistenza a 2060 $/oz. Una volta confermato tale livello come supporto, le quotazioni potrebbero testare nuovamente l'area del massimo storico a 2150 $/oz. Di contro il supporto in area 2030/2020 $/oz. continua a tenere abbastanza bene. Ancora più in giù troviamo la soglia psicologica dei 2000 $/oz. e un forte supporto in area 1980 $/oz. coincidente con la M.M. semplice a 200 periodi sul grafico daily. Ma, al momento, non ci sembra questo lo scenario per l’immediato futuro.

Passando agli altri due metalli preziosi che seguiamo nel nostro Portafoglio, in caduta libera da inizio anno per i prezzi del Platino che hanno sfondato diversi supporti, soprattutto quello molto importante in area 960 $/oz. coincidente con la M.M. a 200 periodi. Il ribasso si è fermato, al momento, in area 915 $/oz. ma l’indice RSI stranamente non segnala ancora la zona di ipervenduto, pertanto è probabile un test del supporto in area 900/890 $/oz.

Diversamente dal Platino, le quotazioni dell’Argento continuano nella sfiancante lateralizzazione tra le aree 25 e 22,5 $/oz. I prezzi, dopo essere scesi sotto la M.M. semplice a 200 periodi a fine anno, in queste due settimane del 2024 si sono assestati tra i 23,5 ed i 23 $/oz. che rappresenta anche un bel supporto. Magra consolazione.   

La quotazione dell’Oro si è chiusa a 2051.60 $/oz. in sostanziale parità rispetto alla prima settimana del 2024 e con una perdita da fine anno del – 0,98%. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 2049.18 $/oz. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES FEBBRAIO 2024:

POLITICA USA

Venerdì scorso lo speaker della Camera, il repubblicano Mike Johnson, ha sostenuto un accordo di spesa da 1,59 trilioni di dollari con il leader della maggioranza al Senato, il dem Chuck Schumer. Proprio Schumer giovedì scorso ha effettuato il primo passo procedurale verso l’approvazione di un disegno di legge di spesa provvisorio, volto ad evitare l’innescarsi di un parziale ‘shutdown’ governativo in questa settimana, ed ha detto che il Senato potrebbe iniziare la votazione martedì (domani). Lo speaker Johnson, che deve far fronte all’opposizione dell’ala più radicale del suo partito alla Camera, riferendosi all’accordo sulla spesa da 1,59 trilioni di dollari raggiunto domenica scorsa ha detto: “Il nostro accordo di massima rimane. Stiamo mettendo insieme i prossimi passi”. La repubblicana della Camera, Marjorie Taylor Greene, ha avanzato la possibilità di chiedere il sollevamento di Johnson dal ruolo di speaker per via dei finanziamenti all’Ucraina, ai quali lei si oppone.

Nel fine settimana poi sarebbe stata trovata la quadra tra i leader del Congresso per un accordo per un disegno di legge di spesa provvisorio. Reuters sabato scorso, citando una fonte che ha familiarità con la questione, ha riportato che i leader del Congresso si sono accordati su un disegno di legge provvisorio in due tranche per finanziare il governo fino a marzo. Questo tipo di misura permetterebbe ai parlamentari di guadagnare tempo per realizzare disegni di legge di spesa per l’intero anno fiscale. In particolare, con il raggiungimento di questo nuovo accordo le scadenze dei fondi per diversi dipartimenti slitterebbero dal 19 gennaio e 2 febbraio all’1 ed 8 marzo. Per evitare uno ‘shutdown’ parziale questo disegno di legge a breve termine noto come “continuing resolution” dovrà essere approvato da Camera e Senato al massimo venerdì prossimo.

Per quanto riguarda le elezioni, la scorsa settimana è uscito dalla corsa alle primarie repubblicane Chris Christie, ex governatore del New Jersey e critico delle politiche di Donald Trump, candidato favorito per rappresentare il Partito Repubblicano nella sfida elettorale a Joe Biden. Christie (indietro nei sondaggi delle primarie repubblicane) annunciando il ritiro della propria candidatura ha messo in guardia rispetto ad una possibile vittoria alle presidenziali di Trump: “Mi assicurerò che in nessun modo permetterò a Donald Trump di essere di nuovo presidente degli Stati Uniti e questo è più importante della mia ambizione personale”. La base di sostegno di Christie era localizzata in modo particolare nello stato del New Hampshire, dove il 23 gennaio si voterà per le primarie repubblicane. L’uscita di scena nelle primarie di Christie, dovrebbe far crescere le possibilità della candidata Nikki Haley di contendere la vittoria a Trump proprio nel New Hampshire. Le primarie repubblicane iniziano oggi, lunedì 15 gennaio, dallo stato dell’Iowa.

POLITICA USA – CINA

Nel fine settimana è stato eletto presidente di Taiwan l’autonomista Lai Ching-te del Partito Progressista Democratico. Lai Ching-te ha vinto le elezioni con il 40% dei voti, tuttavia il Partito Progressista Democratico ha perso la maggioranza al parlamento. Il presidente neo-eletto ha detto che manterrà lo status-quo nelle relazioni attraverso lo Stretto di Taiwan, ma ha anche detto di essere determinato a salvaguardare Taiwan da minacce ed intimidazioni dalla CINA. Lai ha anche sottolineato la necessità di cooperazione e dialogo su base paritaria con Pechino.

L’Ufficio cinese per gli Affari di Taiwan ha commentato l’elezione di Lai (senza menzionarlo per nome) affermando che i risultati mostrano che il Partito Progressista Democratico non può rappresentare l’opinione pubblica prevalente a Taiwan: “La nostra posizione sulla risoluzione della questione Taiwan e la realizzazione di una riunificazione nazionale rimane coerente e la nostra determinazione è ferma come la roccia”. Viene anche affermato che Pechino lavorerà con “rilevanti partiti politici, gruppi e persone” di Taiwan per promuovere scambi e cooperazione e “far progredire lo sviluppo pacifico delle relazioni attraverso lo stretto di Taiwan così come la causa della riunificazione nazionale”.

Il Presidente statunitense, Joe Biden, sabato scorso commentando il risultato elettorale ha specificato che gli USA non sostengono l’indipendenza di Taipei. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, si è congratulato con il presidente neo-eletto ed ha affermato che gli USA sono impegnati nel mantenimento di pace e stabilità nello stretto; inoltre ha detto che gli Stati Uniti non vedono l’ora di lavorare con Lai e i leader di tutti i partiti taiwanesi per far progredire la relazione non ufficiale coerente con la politica americana di ‘Una sola CINA’.

Il ministro degli esteri cinese Wang Yi, come riportato dal quotidiano cinese Global Times ieri, ha detto che chiunque violi il principio di ‘Una sola Cina’ interferisce con gli affari interni di Pechino infrangendo la sovranità cinese e dovrà confrontarsi con l’opposizione del popolo cinese e della comunità internazionale.

POLITICA DELLA FED

Lunedì scorso il presidente della FED di Atlanta, Raphael Bostic, ha espresso una posizione cauta rispetto al modificare la politica monetaria, parlando di una sua “naturale tendenza ad essere più restrittivo”. Bostic ha ripetuto di aspettarsi riduzioni dei tassi entro fine anno, probabilmente saranno necessari due tagli da un quarto di punto percentuale entro fine 2024, con il primo previsto intorno al terzo trimestre. Inoltre ha minimizzato il rischio di un’eventuale necessità imminente di iniziare ad abbassare i tassi per sostenere un’economia che sembra ancora avere uno slancio proprio. Il presidente delle FED di Atlanta ha anche detto che non pensa oggi si sia ad un punto in cui il costo per ulteriori progressi nel controllo del ritmo dei rialzi dei prezzi sia una disoccupazione notevolmente più alta, situazione che, stando ai verbali del meeting di dicembre del FOMC, secondo alcuni decisori politici potrebbe presentarsi. Tuttavia ha spiegato che la sua sensazione è che il rischio di questa possibilità sia decisamente aumentato e che sta prestando attenzione ad eventuali segnali che indichino che la forza del mercato del lavoro si sta erodendo.

Il presidente della FED di New York, John Williams, mercoledì scorso ha detto che si sono visti “progressi significativi” nel ripristino dell’equilibrio nell’economia e nella riduzione dell’inflazione, ma ha anche sottolineato come il lavoro non sia terminato. Il numero uno della FED di New York ha spiegato di aspettarsi che sarà necessario mantenere una posizione di politica restrittiva “per un po’ di tempo” per raggiungere completamente gli obiettivi della banca centrale; inoltre, secondo Williams prima di un allentamento della posizione restrittiva della politica monetaria, è necessario ci sia sicurezza rispetto ad un calo sostenuto dell’inflazione verso il 2%. Williams ha anche parlato di prospettive economiche molto incerte ed ha detto che le scelte relative alla politica monetaria saranno prese riunione per riunione. Secondo Williams l’inflazione quest’anno dovrebbe scendere al 2,25% ed al 2% il prossimo anno, mentre la politica monetaria rallenterà la crescita quest’anno a circa l’1,25% e farà salire il tasso di disoccupazione al 4%. Williams ha anche detto che la riduzione del bilancio della FED è andata avanti regolarmente e non ci sono ancora segnali di problemi di liquidità che possano portare la banca centrale a fermare il proprio sforzo.

Per Loretta Mester, presidente della FED di Cleveland, il mese di marzo probabilmente è troppo presto per applicare un taglio dei tassi. In un’intervista a Bloomberg TV ha detto che l’indice dei prezzi al consumo di dicembre mostra che c’è ancora del lavoro da fare “e questo lavoro richiederà una politica monetaria restrittiva”. Il presidente della FED di Cleveland ha evidenziato che gli ultimi dati sull’inflazione non fanno pensare ad uno stallo nella riduzione dell’inflazione, inoltre ha sottolineato come nei prossimi mesi la banca centrale dovrà gestire con più attenzione i rischi in materia di inflazione ed occupazione. Mester ha detto: “I rischi sono diventati più equilibrati…questo è il lavoro quest’anno. Assicurarci che stiamo calibrando la politica per mantenere sani i mercati del lavoro anche mentre continuiamo il processo per riportare l’inflazione al 2%”.

In un’intervista ai media, il presidente della FED di Chicago, Austan Goolsbee, ha detto che la FED è ancora sul “sentiero dorato”, ovvero quello che prevede un calo dell’inflazione senza un aumento della disoccupazione. Secondo Goolsbee ci sono rischi per questo sentiero, come il persistere dell’inflazione abitativa o l’insorgere di nuovi shock dell’offerta. Inoltre ha aggiunto che i rischi quest’anno includono anche la possibilità che la politica monetaria possa rimanere restrittiva troppo a lungo causando un aumento della disoccupazione.

Secondo il presidente della FED di Richmond, Thomas Barkin, il rapporto sull’inflazione di dicembre è stato circa come previsto; prezzi per i beni che aumentano lentamente, costi per alloggi e servizi che continuano a aumentare ad un ritmo più forte. Barkin ha detto: “Questo gap tra servizi e alloggi e beni è uno di quelli che sto osservando con attenzione perché non vorrei che un ciclo deflazionistico per i beni finisse e ci ritrovassimo a portare sproporzionatamente più in alto il costo di alloggi e servizi”.

In settimana il vice presidente della FED, Michael Barr, ha annunciato che la finestra di rifinanziamento Bank Term Funding Programme istituita nel marzo scorso per supportare le banche regionali USA, in scadenza l'11 marzo prossimo non verrà rinnovata, in quanto il suo utilizzo sta crescendo, non come finanziamento di emergenza, ma permette un arbitraggio dei tassi verso impieghi più remunerativi.

DATI MACROECONOMICI

La bilancia commerciale di beni e servizi a novembre si attesta a -63,2 miliardi di dollari, contro un consensus di -65,0 miliardi ed un dato di ottobre di -64,5 miliardi (rivisto da -64,3 miliardi). Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Economic Analysis.

La bilancia commerciale di beni, invece, a novembre è pari a -89,4 miliardi di dollari, a fronte di una rilevazione di ottobre di -89,8 miliardi. Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Economic Analysis.

L’indice dei prezzi al consumo annualizzato a dicembre sale al 3,4%, dato superiore al consensus fissato a 3,2% ed in crescita rispetto al 3,1% di novembre. Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

L’indice dei prezzi al consumo core (che esclude il settore del cibo e dell’energia), invece, su base annua passa dal dato del 4,0% di novembre a quello del 3,9% di dicembre, con un calo appena più contenuto rispetto al consensus fissato al 3,8%.

Su base mensile, invece, il dato a dicembre cresce dello 0,3%, come indicato dal consensus e come nel mese di novembre. I dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione nella settimana terminata il 6 gennaio sono state 202 mila, rilevazione inferiore a quella della settimana precedente di 203 mila (rivista da 202 mila) ed inferiore anche al consensus di 210 mila. Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.

L’indice dei prezzi alla produzione core (che esclude il settore del cibo e dell’energia) a livello annualizzato a dicembre segna un +1,8%, quasi in linea con il consensus del +1,9% e rallentando rispetto al +2,0% di novembre.

Su base mensile, a dicembre è stato registrato un +0,0%, rispetto ad un consensus del +0,2% ed una rilevazione di novembre del +0,0%. I dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

PORTAFOGLI AZIONARI

Ottimo recupero per gli indici azionari, in special modo per i titoli del Nasdaq100. I due acquisti della scorsa settimana con la strategia del Nasdaq Weekly, APPLE e O’REILLY, si stanno dimostrando profittevoli, mentre per pochi tick ci siamo persi un bel rialzo del titolo francese DASSAULT SYSTEMS, poi qualche abbonato mi dirà che è riuscito ad acquistarlo alla ‘viva il parroco’. Buon per loro. Stiamo sempre aspettando di andare a target sul titolo italiano UNIPOL che martedì scorso ci aveva illuso per poi fermarsi a pochi tick dal nostro target. Questa settimana proviamo ad acquistare qualche altro titolo sul mercato USA che pubblicheremo questa sera, vista la festività in corso, mentre per oggi abbiamo proposto l’acquisto del titolo bancario olandese ING GROEP.

Tutto fermo sul portafoglio The Challenge con gli ultimi titoli acquistati che devono avere il tempo per produrre le performance che ci aspettiamo. Rimaniamo sempre in attesa che i mercati azionari facciano un ulteriore saltino all’insù per poter acquistare gli ETF in modalità ‘short’ ma ai nostri prezzi. Come potete notare, nonostante si stia molto vicini ai massimi storici per il DAX e relativi per il nostro FTSEMIB, i prezzi degli ETF sono più distanti dai rispettivi minimi fatti registrare in quelle specifiche giornate, segno che il fattore volatilità incida sui prezzi pur essendo un ‘leva 1’. OK per un’operatività di trading possiamo ancora accettarlo. Per quanto riguarda nuovi acquisti sui singoli titoli azionari, dobbiamo aspettare che gli stessi scendano un po'.

Alla prossima.

FOCUS SU AZIONI

MICROSOFT – APPLE:

Venerdì scorso il valore di mercato azionario di Microsoft ha chiuso una sessione di negoziazione superiore a quello di Apple per la prima volta dal 2021, rendendola l'azienda con il maggior valore al mondo mentre le preoccupazioni sulla domanda colpiscono l'iPhone azioni del produttore. Con ciò, la capitalizzazione di mercato di Microsoft si è attestata a 2,887 trilioni di dollari, la più alta di sempre, secondo i dati LSEG. La capitalizzazione di mercato di Apple è stata di 2,875 trilioni di dollari, calcolata con i dati presentati giovedì scorso.

Le preoccupazioni sulla domanda di smartphone hanno spinto le azioni di Apple a scendere del 3% finora nel 2024, dopo aver registrato un rally del 48% lo scorso anno. Microsoft è cresciuta di circa il 3% da inizio anno dopo essere cresciuta del 57% nel 2023 in un rally guidato in parte dalla sua leadership nell’intelligenza artificiale generativa attraverso un investimento nel produttore di ChatGPT OpenAI.

Secondo LSEG, la capitalizzazione di mercato di Apple ha raggiunto il picco di 3,081 trilioni di dollari il 14 dicembre per poi, come visto, scendere alla capitalizzazione attuale.

Microsoft ha incorporato la tecnologia di OpenAI nella sua suite di software per la produttività, una mossa che ha contribuito a innescare una ripresa nel suo business del cloud computing nel trimestre luglio-settembre. La sua leadership nell'intelligenza artificiale ha anche creato un'opportunità per sfidare il dominio di Google nella ricerca web.

Apple, nel frattempo, è alle prese con una domanda tiepida, anche per l’iPhone, la sua mucca da mungere. La domanda in Cina, un mercato importante, è crollata mentre l’economia del paese si riprende lentamente dalla pandemia di COVID-19 e la ripresa di Huawei erode la sua quota di mercato.

Una manciata di volte dal 2018, Microsoft ha preso brevemente il comando su Apple come azienda di maggior valore, l’ultima volta nel 2021, quando le preoccupazioni per la carenza nella catena di approvvigionamento legate alla pandemia di COVID-19 hanno colpito il prezzo delle azioni del produttore di iPhone.

Entrambi i titoli tecnologici sembrano relativamente costosi in termini di prezzo rispetto agli utili attesi, un metodo comune per valutare le società quotate in borsa. Secondo i dati LSEG, Apple viene scambiata con un PE a termine di 28, ben al di sopra della sua media di 19 negli ultimi 10 anni. Microsoft scambia circa 32 volte gli utili futuri, al di sopra della sua media decennale di 24.

Nel suo ultimo rapporto trimestrale di novembre, Apple ha fornito previsioni di vendita per il trimestre festivo che hanno deluso le aspettative di Wall Street, colpite dalla debole domanda di iPad e dispositivi indossabili.

Secondo LSEG, gli analisti in media vedono Apple registrare ricavi in crescita dello 0,7% a 117,9 miliardi di dollari per il trimestre di dicembre. Ciò segnerebbe il suo primo aumento dei ricavi su base annua in quattro trimestri. Apple riporterà i suoi risultati il 1° febbraio.

Gli analisti prevedono che Microsoft riporterà un aumento del 16% delle entrate a 61,1 miliardi di dollari, sostenuto dalla crescita continua nel suo business cloud quando riferirà nelle prossime settimane.

Le vendite del visore per realtà mista Vision Pro di Apple inizieranno il 2 febbraio negli Stati Uniti, segnando il più grande lancio di prodotto Apple dai tempi dell'iPhone nel 2007. Tuttavia, UBS in un rapporto di questa settimana ha stimato che le vendite di Vision Pro sarebbero "relativamente irrilevanti" quale utile per azione di Apple nel 2024.

WALT DISNEY – Reuters giovedì scorso ha riportato che una fonte ha riferito che Pixar Animation Studios, studio di animazione controllata di Walt Disney Studios, sarebbe pronta ad una riduzione dei posti di lavoro dato che ha portato a termine la produzione di alcuni show ed ora ha più personale di quanto ne necessiti. Secondo la fonte di Reuters, Pixar deve ancora stabilire il numero di posti di lavoro da tagliare e i licenziamenti non sono imminenti.

CRONOS – Il 9 gennaio Cronos Group ha annunciato l’espansione della distribuzione nel mercato australiano con la prima spedizione di fiori di cannabis a Vitura Health Limited, di cui possiede circa il 10% di azioni ordinarie. Il presidente e CEO di Cronos, Mike Gorenstein ha detto: “Fornire il mercato australiano, che è cresciuto significativamente negli ultimi tre anni, è un grande traguardo per Cronos poiché puntiamo ad entrare ed espanderci nei mercati internazionali”. “Non vediamo l’ora di lavorare a stretto contatto con i nostri partner di Vitura per fornire ai pazienti prodotti a base di cannabis di alta qualità e stabilire la nostra presenza in Australia come un partner affidabile per la cannabis”.

PARAMOUNT GLOBAL – Il CEO di Skydance Media, David Ellison, è interessato ad acquisire National Amusements, azionista di controllo di Paramount Global. Secondo quanto riportato da The Wall Street Journal, Ellison sta discutendo un’offerta in contanti per National Amusements con il supporto finanziario di altri investitori di Skydance. In caso di riuscita dell’operazione, spiega The Wall Street Journal, il gruppo guidato da Ellison cercherebbe anche un accordo per fondere Paramount Global con Skydance, ma considerata la struttura azionaria dual-class di Paramount e la quantità di capitale necessaria per la transazione, l’accordo in due fasi probabilmente sarebbe complicato. Nell’articolo del The Wall Street Journal di mercoledì scorso viene riportato anche che i colloqui con National Amusements sono in una fase iniziale.

PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 USCITI NELLA SCORSA SETTIMANA.

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