Siamo apparsi regolarmente su:

NASDAQ100 WEEKLY - Settimana ondivaga sugli indici azionari USA a causa dei dati macro pubblicati !


LA PROSSIMA SETTIMANA L’ARTICOLO SALTA UNA PUBBLICAZIONE.

ENNESIMA SETTIMANA DI DATI MACRO CONTRASTANTI CHE HANNO PRODOTTO MOVIMENTI ALTRETTANTO CONTRASTANTI SUGLI INDICI AZIONARI USA, CON I BONDS IN CALO MENTRE VOLA IL PETROLIO E TUTTE LE COMMODITIES: PREZIOSE, INDUSTRIALI ED AGRICOLE.

Dopo un trimestre trionfale per i mercati azionari globali (S&P500 +10%, Nasdaq100 MSCI World +8.5%, Eurostoxx 50 + 12%, Nikkei +20% solo per citare i principali) fa seguito un inizio di Aprile in consolidamento

Marzo è stato un po' meno trionfale per i bonds, con moderati cali dei rendimenti (tipo 5 bps per il treasury 10 anni, 11 per il Bund, un po' meglio il BTP con 17 bps di calo). Ma l'inizio di Aprile è stato ugualmente consolidativo, con un balzo di 15 bps in 2 sedute per il Treasury

Cosa è successo di così rilevante per imprimere questi movimenti agli asset?

Dati macroeconomici più positivi che negativi e la retorica di alcuni membri della FED anche se, la precisazione è d'obbligo, di recente circolano teorie per cui di fatto il target FED sarebbe stato allentato, e quindi in assenza di balzi l’Istituto potrebbe tagliare anche se il ritorno ad esso non è così probabile. Basta che l'inflazione non inverta la rotta con decisione, cosa ribadita in settimana dal Presidente FED, Powell, durante l'atteso discorso all'Università di Stanford.

Cominciando dai primi abbiamo visto come il PCE di marzo, pubblicato nel venerdì di Pasqua a mercati chiusi, ha sì sorpreso al ribasso con il PCE core mensile uscito a 0.26% e quello annuale sceso a 2.78% ma il quadro, maligno per l’economia e benigno per gli asset, è però peggiorato dalle revisioni al rialzo di febbraio e dal fatto che comunque il tasso a 3 mesi annualizzato resta al 3.5%, sempre troppo elevato sulla carta per permettere alla FED di iniziare a tagliare i tassi. Passando per i vari dati delle PMI sul manifatturiero di Marzo che, al solito, S&P Global riporta in leggero calo mentre l’ISM mostra un rilevante rialzo, tornando in espansione dopo ben 16 mesi di contrazione, da ottobre 2022 (sotto 50 punti = contrazione; sopra 50 = espansione, ndr). Ma, all'opposto del suo omologo manifatturiero, la pubblicazione dei dati sui servizi a cura dell'ISM services, ha deliverato una sonora sorpresa negativa, corredata con ordini in rallentamento, occupazione sotto attese, e prezzi pagati in pesante rallentamento, con il sottoindice ai minimi da 4 anni. Finendo la settimana con i dati sul mercato del lavoro con i sussidi di disoccupazione settimanali a 221.000 unità che continuano a segnalare una situazione tranquilla, con il monte percettori (continuos claims) addirittura calato sotto 1.8 mln, e quelli settimanali che restano poco sopra 200.000, un livello storicamente basso (la media mobile a 4 settimane è a 214.000). Ma sono stati i numeri del report di marzo sui nuovi occupati non agricoli del settore pubblico e privato che sono risultati oggettivamente positivi. Oltre 300.000 nuovi posti creati, più moderate revisioni al rialzo per i 2 mesi precedenti. Il numero risulta superiore a ognuna delle 74 previsioni di altrettanti analisti (la media del consenso era a 214.000). Disoccupazione che cala al 3.8% in linea con le stime. Salari orari in linea con le attese e in calo anno su anno, mentre le ore lavorate sono salite, a mostrare un maggior utilizzo della capacità produttiva. In generale un report solido, che come tocco in più ha il fatto che i salari rallentano, cosa che non dispiacerà alla FED. Con tanti saluti al sottoindice ‘employment’ dell’ISM servizi.

Come riportato su queste colonne diverse volte anche nel recente passato, devo dire che è difficile mettere insieme e capire questi dati, tra importanti revisioni da un mese all’altro, con report contrastanti negli stessi settori a seconda delle società di ricerca e trend che mutano repentinamente da un mese all’altro, il fatto è che generano movimenti importanti negli asset, come abbiamo visto sull’azionario prima giù poi su, Bonds prima giù poi su poi di nuovo giù, Dollar Index prima su e poi giù. Crude Oil, Oro, Argento, Rame e commodities agricole tutte salite (alimentando timori di un impatto sull'inflazione) ma che tradizionalmente non dovrebbero godere di un contesto di tassi in rialzo e propensione al rischio, ma che di recente hanno deviato da questi schemi sospinti dalla domanda di banche centrali e, presumibilmente, di consumatori asiatici che hanno incrementato gli acquisti, alcuni in quanto più ricchi (India) altri in quanto delusi da altre forme di risparmio (i cinesi con immobiliare, prodotti di risparmio e azionario). E’ pur vero che la motivazione geopolitica ha un minimo di grip in più: effettivamente il clima tra Israele e l'Iran si sta surriscaldando, e le dichiarazioni di Netanyahu hanno prodotto una reazione del Petrolio che ha marcato nuovi massimi di periodo. In effetti la geopolitica, con l'attacco israeliano all'ambasciata a Damasco che potrebbe scatenare rappresaglie, può aver accentuato il nervosismo. Ma la news era di lunedì scorso e comunque altri eventi simili sono stati ignorati in passato.

Il mercato azionario statunitense è il più caro degli ultimi due anni. La sua valutazione potrebbe essere messa alla prova quando le aziende pubblicheranno gli utili nelle prossime settimane. Se da una parte l’asticella potrebbe alzarsi affinché le azioni continuino ad avanzare a quel ritmo, aumentando la pressione sulle aziende affinché forniscano risultati solidi, dall’altra una crescita insignificante degli utili potrebbe dare agli investitori meno motivi per detenere azioni, in un momento in cui i rendimenti elevati dei titoli del Tesoro rafforzano l’attrattiva per le obbligazioni. Gli investitori ascolteranno anche le opinioni delle aziende sull'economia e sull'inflazione, per valutare se il cosiddetto contesto ‘Goldilocks’, caratterizzato da una crescita resiliente e da un raffreddamento dei prezzi al consumo, può continuare. Secondo LSEG Datastream, l’indice di riferimento S&P500 viene scambiato a 20,7 volte gli utili stimati per i prossimi 12 mesi, vicino al massimo di oltre due anni di 21,2 raggiunto a fine marzo scorso.

Secondo i dati LSEG, gli analisti si aspettano una crescita degli utili del 5% nel primo trimestre. Si tratterebbe del valore più basso dal secondo trimestre del 2023. Si prevede che i margini saranno ridotti dagli alti tassi di interesse, dall’aumento dei costi delle materie prime e dal calo del potere di determinazione dei prezzi delle imprese a causa del rallentamento dell’inflazione. Gli utili sono cresciuti del 10,1% nel quarto trimestre del 2023. Delta Air Line, BlackRock e JPMorgan Chase & Co sono tra le società che pubblicheranno i risultati del primo trimestre questa settimana.

Secondo FactSet, le stime sugli utili per il resto del 2024 sono ottimistiche. Gli analisti prevedono che i profitti delle società dell’S&P500 aumenteranno di circa l’11% per l’anno. Se i risultati dovessero risultare più deboli, ciò potrebbe comportare il rischio di far apparire le azioni più costose rispetto ai profitti delle società in futuro. Gli investitori spesso utilizzano il rapporto prezzo/utili come indicatore per valutare se le azioni appaiono economiche o costose (v. grafico):

Passiamo ora ad analizzare il mercato monetario.

I mercati hanno reagito abbastanza coerentemente. I rendimenti USA hanno preso a salire con più forza dopo i dati sul mercato del lavoro ed è evidente che questo report è di supporto ad uno scenario positivo per l'economia USA, cosa che potrebbe rendere difficile alla FED di tagliare i tassi 3 volte, come ancora le proiezioni indicano (come vedremo in appresso), in particolare in un anno elettorale, con l'azionario, dal canto suo, rimasto focalizzato sugli aspetti positivi per l'economia. E veniamo alla seconda situazione rilevante che ha impresso questi importanti movimenti ondivaghi per gli asset: la retorica dei membri della FED.

Toni decisamente poco accomodanti da parte dei membri del Comitato dopo la settimana scorsa prodiga di dati macro importanti, secondo i quali se economia e mercato del lavoro riescono ad accelerare, forse nonostante il livello dei tassi le condizioni finanziarie non sono poi così restrittive, e quindi non è necessario tagliare (in linea col pensiero di Bostic e Kashkari). E poi in settimana hanno parlato anche Harker, Mester, Barkin e Goolsbee (che leggeremo nel relativo capitolo). Pensando a cosa hanno fatto azioni, credito, high yield etc, ed il loro potenziale impatto sulla disponibilità di capitale di rischio e di finanziamento per le aziende, e sulla ricchezza dei consumatori, non è nemmeno tanto rivoluzionaria come teoria. In ogni caso l'impatto sul mercato monetario è stato poco percettibile. La curva continua a scontare un taglio dei Fed Funds con certezza a luglio, e un’elevata probabilità che siano 3 entro fine anno. La fiducia che manca ancora a Powell & c. il mercato ce l'ha, evidentemente.

Ovviamente l’uscita in questa settimana dei dati macro sull’inflazione (CPI e PPI) potranno modificare sostanzialmente (in caso di sorprese) le probabilità di tagli ai tassi facendoli slittare nel tempo riducendone l’ampiezza. In questo contesto andiamo, quindi, a vedere nello specifico lo scenario che si è presentato nel fine settimana appena trascorso sulle probabilità dei tagli sui tassi d’interesse nel 2024.

Lo strumento FedWatch del CME Group mostra come i mercati, per la successiva riunione del 2024 in programma il 1° maggio, prezzino una probabilità del 95,2% di mantenere i tassi fermi rispetto all’90,7% di due venerdì fa e del 74,2% di un mese fa (v. grafico):

Cambia il mese ‘clou’ per quanto riguardano le probabilità del primo taglio dei tassi che da quello relativo alla riunione del 12 giugno, passa a quella del 31 luglio, in quanto le probabilità di un taglio di 25 bps si abbassano ulteriormente al 46,1% rispetto al 55,2% di due venerdì fa. Mentre si alzano notevolmente le probabilità per nessun taglio al 50,8% rispetto al 39,6% di due venerdì fa (v. grafico):

Pertanto, per quanto riguarda la riunione del 31 luglio, le probabilità di un taglio pari a 25 bps rimangono stabili al 48,0% rispetto al 48,7% di due venerdì fa ed al 37,0% del mese scorso. Così come salgono le probabilità di nessun taglio dal 23,2% di due venerdì fa all’attuale 30,3%. Il tutto a discapito delle probabilità di un taglio per complessivi 50 bps (1 da 0,50% o due da 0,25%) che dal 42,5% del mese scorso passa all’attuale 20,4% (v. grafico):

Infine, per l’ultima riunione del 2024, praticamente si pareggiano le preferenze per le probabilità di un taglio per complessivi 75 bps o 50 bps rispettivamente al 31,7% e 30,9%. Rispetto a due venerdì fa, ovviamente, si alzano di più le probabilità per un taglio di soli 50 bps rispetto al taglio di 75 bps. Mentre si dimezzano le probabilità per un taglio complessivo di 100 bps che dal 33,6% del mese scorso passano all’attuale 16,3%. (v. grafico):

Sul fronte rendimenti la settimana ha presentato un andamento ondivago in base ai dati macro pubblicati con una chiusura di ottava al rialzo dopo gli ottimi dati sul mercato del lavoro. La scadenza corta è quella che più ha beneficiato di questa situazione con il Treasury 2Y che è passato dal 4,632% di due venerdì fa, all’attuale 4,778%. Mentre guadagna molto il Treasury 10Y che dal 4,206% di due venerdì fa passa all’attuale 4,44%, seguito a ruota dal 30Y che passa dal 4,349% di due venerdì fa all’attuale 4,578%.

Conseguentemente diminuisce anche lo spread 2Y-10Y, riportandosi ai 33,8 bps.

Infine i tassi reali, al netto dell’attuale tasso di inflazione, mostrano il grafico del breakeven inflation a 10 anni che si alza al 2,37% come nel novembre 2023, dal 2,32% della fine di marzo (v. grafico):

Analisi grafica dell’indice di riferimento di una parte delle nostre operazioni, il NASDAQ100. Sempre bene alcuni titoli dei cosiddetti ‘Magnificent Seven’ con AMAZON, GOOGLE e META in guadagno, mentre perdono qualcosa MICROSOFT, NVIDIA e TESLA, sempre un po' in sofferenza i titoli del settore dei semiconduttori ma, nonostante tutto, risulta l’indice ad aver sottoperformato meno rispetto agli altri due indici maggiori. Graficamente notiamo come l’attuale fase di consolidamento ha portato l’indice a testare la M.M. a 50 periodi dalla quale sembra rimbalzare. Nella giornata di giovedì scorso i prezzi hanno rotto al ribasso l’area 18000 punti fermandosi in area 17800 dalla quale hanno poi rimbalzato nuovamente sopra area 18000. Pertanto nel corso di questa settimana le quotazioni troveranno nuovamente supporto in area 17800 con possibili estensioni in area 17600 (ritracciamento del 38,2% di onda 3 di (5), viceversa rimane cruciale il test dell’area 18500 [estensione del 78,6% di onda 1 di (5) partendo dal minimo di onda 2 di (5)], per la prosecuzione del trend rialzista. Il livello di RSI a 51 indica che tutti e due gli scenari sono possibili anche in base agli importanti dati macro che usciranno in settimana. Staremo a vedere. La settimana si è chiusa a 18108.46 con una perdita del – 0,80% rispetto alla chiusura della scorsa settimana, il che porta ad un guadagno del + 7,63% rispetto alla chiusura del 2023.  

L'S&P500, in questo contesto di consolidamento, comunque fa registrare una reattività davvero incredibile (v. la giornata di venerdì scorso dopo il giovedì disastroso) anche se il momentum è in lieve discesa. Nella settimana appena trascorsa il settore dell’energia ha sopravanzato il settore tecnologico a livello di performance nell’anno. Gli investitori non si sono dimenticati dell’inflazione, ma l’hanno messa da parte per concentrarsi su un’economia più forte del previsto, che stimola la domanda di petrolio. Il settore energetico dell’S&P500, di cui Exxon è il membro più grande, venerdì scorso ha superato anche il settore dei servizi di comunicazione, in cui siedono Meta e Alphabet. Exxon è al centro di due storie dopo la forte impennata delle quotazioni di venerdì scorso: l’aumento della domanda di petrolio poiché l’economia globale è più forte del previsto e i problemi di approvvigionamento a causa delle guerre in Ucraina e Medio Oriente. Entrambi le situazioni si sono evidenziate nella scorsa settimana, quando il petrolio è salito sulla scia dei forti dati sull'occupazione, un giorno dopo che era stato spinto al rialzo dalla preoccupazione per l'escalation tra Israele e Iran. I titoli petroliferi risultano vincitori in entrambi i casi, mentre la maggior parte del mercato preferisce l’uno o l’altro. Nel seguente grafico viene mostrata la performance del 2024 di EXXON rispetto ai cosiddetti ‘Magnificent Seven’:

Graficamente notiamo come il bel pullback di due settimane fa non abbia prodotto la prosecuzione del trend rialzista, bensì una fase di consolidamento sotto l’area di resistenza dei 5230 punti corrispondente all’estensione del 78,6% di onda 3 di (5) partendo dal minimo di onda 2 di (5), con un’improvvisa discesa dei corsi nella giornata di giovedì scorso in area 5150 prontamente recuperata, anche se parzialmente, nella giornata successiva. Ciò ha favorito la discesa del livello di RSI a 56 smaltendo definitivamente l’ipercomprato. In questa settimana i dati sull’inflazione (CPI) e (PPI) potranno dare impulso al movimento dell’indice verso il primo supporto in area 5100 punti o, viceversa, alla prosecuzione del trend rialzista verso nuovi record con target la proiezione del 100% di onda 3 di (5) in area 5375/5380. Si amplia nuovamente il gap per l’indice S&P500 ‘equal weighted’ rispetto all’indice ‘normale’ con una perdita settimanale dell’1,82%. Con i mercati in ipercomprato, il sentiment effervescente e la volatilità troppo compressa, l’indice Cboe Volatility Index (VIX) nella giornata di giovedì scorso ha fatto un balzo di oltre il 15%, con un massimo a sfiorare i 17 punti chiudendo a 16.35, massimo in chiusura dal 2 novembre 2023. Poi ha ripiegato leggermente in chiusura di ottava a 16.03 punti. Che sia l’antipasto di un movimento più ampio ? Vedremo anche in base ai dati macro che usciranno. Mentre, rispetto al VIX, la situazione sull’indice della ‘paura’ e parliamo dello skew del CBOE sull’S&P500 – un indicatore del mercato delle opzioni per la domanda relativa di contratti call al rialzo rispetto a contratti put al ribasso – scende notevolmente dai 155,5 punti di due venerdì fa all’attuale 142,6 con un minimo a 138,5 punti, valore che non si vedeva da gennaio scorso. La settimana si è chiusa a 5204.35 con una perdita del - 0,95% rispetto alla chiusura della scorsa settimana, il che porta ad un guadagno del + 9,11% rispetto alla chiusura del 2023.

Brutta settimana per le performance del listino delle major, il DOW JONES, che lascia un gap aperto nella giornata di martedì scorso e che nella giornata di giovedì fa registrare un minimo in area 38500, poco sopra i minimi di Marzo, dai quali è poi rimbalzato in chiusura di ottava. Pertanto è probabile una fase di consolidamento tra le aree dei 38500 e 39500 punti con chiusura del gap. Ci sembra improbabile, al momento, il test dei recenti massimi in area 40000 punti, fermo restando eventuali soprese dai dati macro in uscita. Il livello di RSI a 47 indica un po' di debolezza anche se lascia tutti gli scenari aperti. La settimana si è chiusa a 38904.05 con una perdita del – 2,27% rispetto alla chiusura della scorsa settimana, il che porta ad un guadagno del + 3,23% rispetto alla chiusura del 2023.

ORO INDEX

Come riportato in precedenza, nessuna correlazione del passato è più valida nel presente e le quotazioni dell’ORO ne sono una testimonianza più che valida. Azionario sui massimi, rendimenti dei bonds in rialzo, Dollaro forte, taglio dei tassi che si allontana sempre più e l’Oro che ti fa ? Nuovi record su record e non di pochi centesimi, ma di 30/40 $/oz. al giorno fino ad arrivare, nella giornata di venerdì scorso, all’incredibile quota di 2350 $/oz. del future giugno quando, esattamente agli inizi di marzo, quotava intorno ai 2040/2050 $/oz. Ovviamente anche il prezzo ‘spot’ fa registrare un nuovo massimo a 2329,33 $/oz.

Ma andiamo con ordine e vediamo come si è sviluppata la settimana appena trascorsa per le quotazioni dell’Oro.

L'oro ha guadagnato terreno in apertura settimanale con gli investitori che hanno reagito ai dati dell’indice dei prezzi sulle spese per consumi personali (PCE) leggermente più deboli del previsto pubblicati il ​​venerdì di Pasqua, il Dollaro ha faticato a trovare domanda lunedì scorso e ha consentito alle quotazioni di salire. Più tardi nella sessione americana, il Dollaro ha messo a segno un rimbalzo in seguito all’ottimistico dato manifatturiero delle PMI a cura dell'ISM, limitando il rialzo dell'Oro.

In assenza di dati di alto livello, martedì scorso il metallo giallo ha esteso il suo rally e ha guadagnato oltre l'1% su base giornaliera. Mercoledì, i dati macro hanno mostrato che il PMI dei servizi a cura dell’ISM è sceso a 51,4 a marzo da 52,6 a febbraio. Ancora più importante, l'indice dei prezzi pagati, la componente inflazionistica dell'indagine, è scesa a 53,4 da 58,6, evidenziando un indebolimento dell'inflazione dei fattori produttivi nel settore dei servizi, sottoponendo il Dollaro ad una rinnovata pressione di vendita dopo questo rapporto, favorendo le quotazioni dell’Oro che chiudevano le contrattazioni in territorio positivo per il settimo giorno consecutivo.

I prezzi della commodity preziosa hanno continuato a salire nella sessione asiatica di giovedì mattina, stabilendo un nuovo massimo storico di 2.325 $ prima di mettere in atto una correzione tecnica e interrompere la serie di vittorie consecutive. I commenti aggressivi dei funzionari della FED hanno aiutato il Dollar Index a rimanere resiliente causando una breve flessione dei prezzi in chiusura di giornata. Ma, nella giornata di venerdì scorso, con la sorpresa del dato sull'occupazione nel settore non agricolo, aumentata di 303.000 unità nel mese di marzo, superando con un ampio margine l'aspettativa del mercato di 200.000 e con il rapporto sul tasso di disoccupazione sceso al 3,8% dal 3,9% di febbraio, il Dollar Index manteneva la sua forte con le quotazioni dell’Oro che ignorando codesta forza facevano registrare il nuovo record a 2.350 $/oz.

L’unico contesto nel quale il rialzo delle quotazioni dell’Oro potrebbero trovare una correlazione con il suo passato di ‘bene rifugio’ è dovuto all'escalation delle tensioni geopolitiche. L'Iran si è impegnato a reagire contro Israele dopo che sette ufficiali sono stati uccisi in un presunto attacco aereo israeliano sul complesso dell'ambasciata iraniana in Siria all'inizio della settimana, ravvivando i timori su un conflitto prolungato e approfondito in Medio Oriente. Ma, onestamente, mi sembra veramente troppo poco per giustificare l’ampiezza dei rialzi e, soprattutto, il valore attuale del metallo giallo.

Poi, ovviamente, vi sono altre teorie sulle attuali speculazioni di mercato date dal fatto che la Cina stia scaricando i titoli del Tesoro statunitense per sostituirli con l’Oro. Questa potrebbe essere una possibile spiegazione del modo in cui il metallo giallo ha continuato a guadagnare valore mentre i rendimenti dei titoli del Tesoro statunitensi sono aumentati, ma è difficile confermare o smentire questa teoria a causa della mancanza di informazioni disponibili. La banca centrale cinese annuncia cambiamenti nelle sue riserve, ma questi dati saranno disponibili intorno a metà maggio. Il World Gold Council ha riferito il 13 marzo che la Banca popolare cinese (PBoC) ha annunciato che le riserve auree erano aumentate di 22 tonnellate.

Infine, per completezza di informazione riportiamo due studi sull'Oro di Sentimentrader dalle conclusioni apparentemente contrastanti. Il primo riguarda il fatto che dopo aver registrato nuovi massimi a inizio anno ha messo su un altro comodo 10%, osservando che quando il livello di ottimismo sull'Oro è arrivato agli estremi, la performance successiva, fino a 12 mesi, è stata in media deludente, con un paio di eccezioni.

Il secondo mostra che quando l'Oro ha accumulato un numero di nuovi massimi pari alla metà delle sedute di un mese, non ci siamo mai trovati nei pressi di un big top, ovvero alla fine del movimento. In entrambi i casi le osservazioni sono esigue in numero.

Personalmente, mi attendo un consolidamento da parte dell'Oro, dopo questa corsa. Ciò detto, tendo a dare più peso al secondo studio (che peraltro non lo esclude affatto). Questo in quanto il primo studio è influenzato dalle lunghissime fasi laterali che il metallo giallo ha attraversato tra i picchi, che sono stati esplosivi.

Poi, come osservato in precedenza, la salita dell'Oro avvenuta in una fase in cui alcuni dei tradizionali fattori che ne guidano l'azione (dollaro, tassi reali e azionario alti) sono stati avversi, sembra denunciare che vi sono delle novità nei suoi "Economics".

Per questa settimana, il registro economico statunitense offrirà mercoledì i dati dell'indice dei prezzi al consumo (CPI) di marzo. Su base mensile, si prevede che il CPI e il CPI core aumenteranno dello 0,3%. Nel caso in cui il CPI core mensile aumenti ad un ritmo più forte del previsto, la reazione immediata potrebbe spingere il Dollaro e innescare una correzione al ribasso dell’Oro. Viceversa, un valore pari o inferiore allo 0,2% potrebbe ravvivare le aspettative per un taglio dei tassi a giugno e danneggiare il Dollaro a favore dell’Oro. Giovedì la BLS pubblicherà i dati dell’indice dei prezzi alla produzione (PPI). In passato, gli operatori di mercato prestavano poca o nessuna attenzione ai dati sull’inflazione dei produttori. I due precedenti rilasci del PPI, tuttavia, hanno innescato grandi reazioni. A febbraio il PPI è cresciuto dello 0,6% su base mensile. Una crescita altrettanto forte dell’inflazione mensile alla produzione potrebbe alimentare le aspettative che l’inflazione al consumo rimanga vischiosa e sostenere il Dollaro e deprimere, forse, i valori dell’Oro.

Nella sessione asiatica di venerdì, i dati sulla bilancia commerciale della Cina, il più grande consumatore mondiale di Oro, saranno osservati da vicino dagli investitori del mercato dei preziosi. Se questi dati indicassero un miglioramento delle prospettive di crescita economica in Cina, l’Oro potrebbe trarne vantaggio. Infine, a margine, rimane sempre viva l’attenzione sugli sviluppi geopolitici in Medio Oriente e la retorica dei banchieri della FED.

Prospettive tecniche dell’Oro

Frantumata l’area di proiezione posta a 2290/2300 $/oz., l’Oro si potrebbe apprestare a testare la successiva area di proiezione posta a 2420 $/oz. Tuttavia come detto in precedenza e visto il valore dell’RSI a 82, è probabile una fase di consolidamento tra gli attuali massimi e l’area di supporto di 2090/2080 $/oz. Vista l’attuale volatilità sulla commodity, nulla osta in eventuali correzioni più profonde in caso di dati macro altamente positivi.

Passando agli altri due metalli preziosi, i prezzi del Platino per l’ennesima volta sono tornati a testare la resistenza in area 960 $/oz. per poi essere inesorabilmente ricacciati all’indietro ballando tra codesta area e i 925 $/oz. dove è posizionata la M.M. semplice a 200 periodi. Livelli chiave rimangono sempre i 960 $/oz. al rialzo e gli 880 $/oz. al ribasso.

Riguardo alle quotazioni dell’Argento, impennata delle quotazioni in scia a quelle dell’Oro. Frantumata l’area di resistenza dei 26 $/oz. il metallo bianco si è portato fino ad un massimo di 27,60 $/oz. ove ha chiuso anche la settimana di contrattazione, bissando i massimi dell’8 marzo 2022. Prossimo obiettivo rialzista l’area dei 28,50 $/oz. del maggio/giugno 2021.

La quotazione settimanale dell’Oro si è chiusa a 2345.40 $/oz. con un guadagno del + 4,02% rispetto alla precedente settimana che porta ad un guadagno da fine anno del + 13,21%. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 2329.33 $/oz. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES GIUGNO 2024:

POLITICA USA

In settimana torna a riunirsi il Congresso dopo due settimane di pausa. Tra i primi temi da affrontare per i parlamentari ci sarà quello del pacchetto di aiuti ad Ucraina, Israele e ad altri alleati. Un rapido passaggio del pacchetto al Congresso, però non è assolutamente scontato. L’ala più intransigente dei repubblicani chiede che gli aiuti agli alleati statunitensi siano compensati da disposizioni in tema di sicurezza delle frontiere e tagli alla spesa, inoltre vorrebbero che lo speaker, il repubblicano Mike Johnson, si trattenga fino a quando non avrà una legislazione in grado di ottenere il sostegno della maggior parte della ristretta maggioranza repubblicana della Camera.

Negli ultimi giorni la repubblicana della Camera, Marjorie Taylor Greene, ha mosso critiche nei confronti dell’operato dello speaker: “Mike Johnson non sta lavorando per i repubblicani, non sta aiutando i repubblicani, non sta nemmeno ascoltando i repubblicani. Mike Johnson sta facendo il lavoro sporco del Deep State”. La parlamentare per lo stato della Georgia lo scorso 22 marzo ha presentato una mozione di sfiducia nei confronti dell’attuale speaker della Camera (il suo predecessore Kevin McCarthy ad ottobre aveva perso il ruolo in seguito ad una mozione di sfiducia presentata da esponenti repubblicani), in seguito al passaggio alla Camera di un pacchetto di spesa da 1,2 trilioni di dollari per finanziare gran parte del governo per il resto dell’anno fiscale.

Bob Good, presidente dell’House Freedom Caucus (quello che generalmente è considerato il caucus più conservatore), in merito alle minacce di sfiducia di Greene ha detto: “Non ho sentito nessuno verbalizzare il sostegno a quell’azione”, aggiungendo che pensa che Greene stia operando isolatamente.

Johnson in risposta alla parlamentare repubblicana, in una dichiarazione fornita a Reuters, ha detto: “A volte abbiamo oneste differenze sulla strategia, ma condividiamo le stesse convinzioni conservatrici”. Ed ha aggiunto: “Nonostante la nostra maggioranza repubblicana di un solo seggio in una sola camera del Congresso, stiamo ancora combattendo questa amministrazione ogni giorno per apportare cambiamenti politici”. La scorsa settimana Johnson ha detto che la Camera procederà con un nuovo pacchetto “quando torneremo dopo questo periodo di lavoro”, inoltre ha spiegato che si aspetta di inserire nel pacchetto aiuti sotto forma di prestito, disposizioni per consentire il sequestro dei beni russi ed una ripresa delle esportazioni di gas naturale liquefatto degli USA.

Sul tavolo del Senato, invece, prossimamente dovrebbe arrivare il disegno di legge su TikTok, già approvato il 13 marzo dalla Camera e che prevede che ByteDance (società cinese proprietaria di TikTok) debba cedere le attività statunitensi dell’app in circa sei mesi o ricevere un ban. Il leader della maggioranza al Senato, Chuck Schumer venerdì ha detto: “nelle settimane e nei mesi a venire, abbiamo l’opportunità di fare progressi su disegni di legge bipartisan”, tra questi figura anche la misura che riguarda TikTok. Gli assistenti del Congresso riferiscono che non è prevista un’azione immediata su TikTok, con i senatori che continuano a discutere i prossimi passi; nella sua dichiarazione Schumer ha fatto riferimento ad altri disegni di legge bipartisan in cui è possibile fare progressi.

POLITICA DELLA FED

Tante le dichiarazioni da parte di esponenti della banca centrale statunitense che si sono succedute nel corso della scorsa settimana. Martedì il presidente della FED di Cleveland, Loretta Mester, ha spiegato che se l’economia dovesse evolversi come atteso, secondo lei per il FOMC sarà opportuno iniziare a ridurre il tasso sui Fed Funds entro la fine dell’anno. Mester ha anche sottolineato che il ritmo dell’azione potrebbe essere graduale ed ha detto che per aprire la strada ad un allentamento della politica monetaria prima deve avere il riscontro dei dati sull’inflazione, che devono rispettare le sue previsioni di ulteriori cali. La numero uno della FED di Cleveland ha anche fatto sapere che non si aspetta di avere abbastanza informazioni entro il prossimo meeting del FOMC, che si terrà il 30 aprile ed l’1 maggio. In merito ad un taglio dei tassi ad inizio estate, ha dichiarato: “Dobbiamo dipendere dai dati, quindi non voglio escluderlo”. Secondo Mester, quella di tre tagli dei tassi quest’anno rimane una previsione “ragionevole” e al momento la politica monetaria è in una buona posizione in quanto una forte economia dà alla banca centrale spazio per raccogliere dati prima di modificare i tassi. Il presidente della FED di Cleveland ha anche sottolineato il rischio di tagli dei tassi prematuri: “Abbassare i tassi troppo presto o troppo velocemente senza prove sufficienti che ci diano certezza che l’inflazione sia su un percorso sostenibile e tempestivo verso il 2% rischierebbe di annullare i progressi che abbiamo fatto sull’inflazione”.

Il presidente della FED di San Francisco, Mary Daly, ha osservato che l’inflazione sta calando lentamente, il mercato del lavoro e la crescita sono forti “quindi non c’è davvero urgenza di adeguare il tasso”. Daly ha anche sottolineato che c’è un “rischio reale” di tagliare i tassi troppo presto e bloccare la “tassa tossica” di un’inflazione troppo alta.

Mercoledì scorso il presidente della FED di Atlanta, Raphael Bostic, ha dato una tempistica rispetto al taglio dei tassi. Bostic ha detto che se dovesse ancora esserci solidità nel PIL e nell’occupazione ed un lento calo dell’inflazione nel corso dell’anno, sarà opportuno iniziare a ridurre il tasso di interesse di riferimento nel quarto trimestre di quest’anno. Per quest’anno lui prevede solo un taglio da un quarto di punto percentuale. Il presidente della FED di Atlanta ha espresso preoccupazioni sul fatto che alcune misure secondarie nei numeri dell’inflazione siano molto più alte di prima: “Devo assicurarmi che non stiano nascondendo un’ulteriore pressione al rialzo sui prezzi prima che io voglia spostare il nostro tasso di riferimento”. Bostic si aspetta che l’inflazione cali in modo incrementale nel 2024 e nel 2025, raggiungendo l’obiettivo del 2% ad inizio 2026.

Con un intervento alla Stanford Graduate School of Business, mercoledì scorso il Presidente della FED, Jerome Powell, ha detto che i tassi caleranno solo quando i responsabili politici avranno maggiore fiducia circa il fatto che l’inflazione si stia muovendo in modo sostenibile verso l’obiettivo del 2%. Come già in occasione della conferenza stampa dopo il meeting di marzo della FED, anche in questa occasione Powell ha mantenuto la prospettiva di base secondo la quale i tassi scenderanno “entro la fine dell’anno”. Inoltre, secondo il numero uno della banca centrale statunitense, gli ultimi dati non hanno cambiato materialmente “il quadro generale che continua ad essere quello di una crescita solida, di un mercato del lavoro forte ma in riequilibrio e di un’inflazione che scende verso il 2% su un percorso a volte accidentato”. Powell ha poi sottolineato l’approccio basato sui dati: “Considerata la forza dell’economia ed i progressi compiuti finora in materia di inflazione, abbiamo tempo per lasciare che i dati in arrivo guidino le nostre decisioni sulla politica”.

Adriana Kugler, membro del consiglio direttivo della FED, mercoledì scorso ha detto di aspettarsi che il trend disinflazionistico continui contribuendo a preparare la strada a tagli dei tassi nel corso dell’anno. Kugler ha dichiarato: “Se la disinflazione e le condizioni del mercato del lavoro procederanno come attualmente mi aspetto, allora un po’ di abbassamento del tasso di riferimento quest’anno sarebbe appropriato”. Kugler ha evidenziato come a gennaio e febbraio si sia visto un po’ di consolidamento nei dati sull’inflazione, ma ha anche sottolineato come i recenti numeri sull’inflazione presentino fattori atipici o stagionali. Secondo lei c’è ancora un po’ di spazio per i miglioramenti dell’offerta per rallentare il ritmo degli aumenti dei prezzi “soprattutto nel settore dei servizi, dove la solida crescita dell’offerta di lavoro continuerà ad allentare le pressioni salariali ed inflazionistiche”. Kugler ha anche detto di aspettarsi che quest’anno la crescita dei consumi rallenti un po’.

Secondo il presidente della FED di Chicago, Austan Goolsbee, il maggior ostacolo sulla strada che porta l’inflazione al 2% è il persistere di un’elevata inflazione nei servizi abitativi. Goolsbee ha spiegato che sulla base dei dati di mercato sugli affitti per i nuovi contratti di locazione si aspettava un calo più rapido: “Se non scenderà, sarà molto difficile riportare l’inflazione complessiva all’obiettivo del 2%”. Goolsbee ha invitato a non considerare come “puro rumore” i deludenti dati sull’inflazione di gennaio e febbraio, ma ha sottolineato che non indicano necessariamente che la banca centrale non sia ancora sulla strada giusta, a patto che l’inflazione immobiliare cominci ad attenuarsi, cosa che pensa accadrà: “L’inflazione immobiliare rimane il mio indicatore più prezioso per l’immediato futuro”. Inoltre, per quanto riguarda i tempi di inizio del taglio dei tassi ha detto: “Se restiamo restrittivi troppo a lungo, probabilmente vedremo il lato occupazione del mandato iniziare a deteriorarsi”.

Giovedì Neel Kashkari, presidente della FED di Minneapolis, ha detto che all’ultimo meeting della banca centrale aveva previsto due tagli dei tassi quest’anno, tuttavia se l’inflazione dovesse continuare a muoversi “lateralmente” arriverebbe a chiedersi se sono necessari tagli. Il numero uno della FED di Minneapolis ha anche detto che se l’inflazione dovesse rimanere più forte di quanto sperato, prevede che la banca centrale manterrà il suo tasso di riferimento nel range 5,25%-5,5% per un periodo più lungo e nel caso in cui questo non fosse sufficiente, non sono da escludere ulteriori rialzi. Anche se attualmente non sono uno scenario probabile.

Michelle Bowman, membro del consiglio direttivo della FED, pur notando un raffreddamento dell’inflazione, ha detto che non è ancora stato raggiunto il punto in cui è appropriato abbassare i tassi. Inoltre ha affermato di continuare a vedere “una serie di rischi al rialzo per l’inflazione”. Bowman ha spiegato che le sue prospettive sono ancora valide per ulteriori cali dell’inflazione con la continua forza del mercato del lavoro e se ciò accade, secondo il membro del consiglio direttivo della FED diventerà opportuno ridurre gradualmente il tasso sui federal funds. Secondo Bowman al momento “la nostra posizione di politica monetaria è restrittiva e sembra essere adeguatamente calibrata per ridurre le pressioni inflazionistiche”. Tuttavia non è da escludere un’ulteriore svolta restrittiva, con un aumento del tasso di riferimento nel caso di stop o cambi di rotta nei progressi sull’inflazione.

Giovedì scorso in un’intervista a Reuters il presidente della FED di Richmond, Thomas Barkin, ha esposto le proprie preoccupazioni sui recenti dati sull’inflazione, in particolare ha sottolineato come prima della pandemia circa un quarto di beni e servizi tendeva ad avere rialzi dei prezzi sopra il 3%, mentre ora il 55% del paniere è su tre, situazione difficile da conciliare nella mente con il progresso che si vorrebbe fare per riportare l’inflazione complessiva al 2%. Barkin ha spiegato che il dato sull’indice dei prezzi al consumo di marzo, che sarà rilasciato in settimana, sarà importante per valutare se l’inizio anno è stato solo un “dosso” nel percorso di ritorno alla stabilità dei prezzi. Il presidente della FED di Richmond ha detto: “Sono aperto a tagli dei tassi quando i dati sull’inflazione arriveranno in un modo che ti dà quella fiducia. Non ho una tempistica per questo”.

DATI MACROECONOMICI

Il PMI manifatturiero S&P Global a marzo si attesta a quota 51,9 punti, rilevazione inferiore al dato preliminare di marzo di 52,5 punti ed al dato di febbraio di 52,2 punti.

Il PMI manifatturiero rilasciato da ISM a marzo è pari a quota 50,3 punti, oltre il dato di febbraio di 47,8 punti.

L’indice di occupazione del settore manifatturiero rilasciato da ISM a marzo è a 47,4 punti, in crescita rispetto ai 45,9 punti di febbraio.

Il dato sui nuovi ordini nel settore manifatturiero passa dai 49,2 punti di febbraio ai 51,4 punti di marzo.

Infine, il dato sui prezzi nel settore manifatturiero fa un balzo dai 52,5 punti di febbraio ai 55,8 punti di marzo.

Gli ordini alle fabbriche su base mensile a febbraio crescono dell’1,4%, poco sopra al consensus del +1% ed invertendo direzione rispetto al -3,8% di gennaio (rivisto da -3,6%). Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.

Il PMI del settore dei servizi S&P Global a marzo è pari a 51,7 punti, come indicato dal dato preliminare ed in calo rispetto ai 52,3 punti di febbraio.

Il PMI del settore dei servizi rilasciato da ISM, invece, a marzo si attesta a quota 51,4 punti, con una contrazione rispetto ai 52,6 punti di febbraio e sotto al consensus di 52,7 punti.

L’indice di occupazione nel settore dei servizi rilasciato da ISM a marzo si attesta a quota 48,5, in crescita rispetto ai 48,0 punti di febbraio.

Il dato sui nuovi ordini nel settore dei servizi, invece, a marzo è pari a 54,4 punti, in calo rispetto ai 56,1 punti di febbraio.

Infine, il dato sui prezzi nel settore dei servizi passa dai 58,6 punti di febbraio ai 53,4 punti di marzo.

Le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione nella settimana terminata il 30 marzo sono state 221 mila, in crescita rispetto alle 212 mila richieste della settimana precedente (riviste da 210 mila) ed oltre il consensus di 214 mila. Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.

La bilancia commerciale di beni e servizi a febbraio si attesta a -68,9 miliardi di dollari, rispetto ad un consensus di -67,3 miliardi ed un dato di gennaio di -67,6 miliardi (rivisto da -67,4 miliardi). Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Economic Analysis.

Nel settore non-agricolo a marzo sono stati creati 303 mila posti di lavoro, oltre il consensus di 200 mila ed in crescita rispetto ai 270 mila posti di lavoro creati a febbraio (rivisti da 275 mila).

Nel settore non-agricolo privato, i posti di lavoro creati a marzo sono stati 232 mila, anche in questo caso oltre il consensus di 160 mila ed in crescita rispetto alla rilevazione di 207 mila di febbraio (rivista da 223 mila). I dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Il tasso di disoccupazione a marzo è al 3,8%, appena sotto al consensus del 3,9% ed alla rilevazione di febbraio, sempre del 3,9%. Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Il salario orario medio a livello mensile a marzo cresce dello 0,3% come indicato dal consensus e dopo un +0,2% nel mese di febbraio (rivisto da +0,1%).

A livello annuale, la crescita di marzo è del 4,1% come indicato dal consensus, rilevazione che indica un rallentamento rispetto al +4,3% di febbraio. I dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Il tasso di partecipazione della forza lavoro, ovvero la percentuale di popolazione in età lavorativa che sta cercando occupazione o che è già occupata, a marzo è al 62,7%, in leggera crescita rispetto al 62,5% di febbraio. Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

PORTAFOGLI AZIONARI

Dopo la settimana di passione religiosa, è arrivata la prima settimana di passione operativa sui nostri Portafogli azionari. Nulla di eclatante ma le performance dei titoli iniziano a soffrire nonostante non si sia registrata una discesa evidente degli indici. Del resto non poteva sempre andare bene. La cosa che più dispiace è quella di non essere andati a target per un soffio sui titoli HONEYWELL e GILEAD SCIENCES, mentre sul titolo CHARTER COMMUNICATIONS il destino in gran parte era già segnato quando ripetutamente non era riuscito a superare la resistenza dei 300 $ e, si sa, in Borsa titolo che non sale, scende. Ci sarebbe voluta una fiammata da parte di qualche istituzionale, un buyback azionario visti i prezzi e vista la forte liquidità della società, una news, che in realtà non c’è stata. Amen, portiamo a casa la perdita e speriamo che AIXTRON non faccia la stessa fine, altra società dai fondamentali solidissimi e da debiti praticamente inesistenti che, oltretutto, aveva riportato una buona semestrale di chiusura anno 2023. La discesa dell’indice Nasdaq100 ha prodotto, nella settimana appena trascorsa, un bel po' di segnali operativi che non vogliamo proporre, se non in minima parte, proprio per evitare di prendere un’imbarcata aumentando esponenzialmente il rischio. Quindi, a beneficio dei nuovi abbonati, troverete i segnali operativi nella sez. ‘nuovi ordini’ del Portafoglio Storico.

Per quanto riguarda il portafoglio The Challenge, poco da dire. Stiamo proseguendo nel riposizionamento del Portafoglio con l’avvenuto acquisto di ADOBE ai nostri prezzi e la continua eliminazione degli ETF/ETC con, nel mirino, il VANECK JUNIOR GOLD MINERS che, nonostante il continuo rialzo del valore dell’Oro su livelli impensabili fino a qualche giorno fa, non riesce neanche a pareggiare il nostro livello di acquisto quando le quotazioni dell’Oro erano intorno ai 1960 $/oz. OK, i sottostanti non sono futures ma comunque società minerarie con prevalenza nell’estrazione del metallo giallo……eppure !! Per il resto, bene BREMBO e la rediviva CRONOS, dopo l'approvazione definitiva del 22 marzo per l’entrata in vigore, in Germania, della legge che legalizza parzialmente la cannabis per uso ricreativo. Secondo le nuove norme, i maggiorenni potranno girare anche con 25 grammi di cannabis e coltivare in casa fino a tre piante per il consumo privato. Ovviamente su questo titolo di miracoli ce ne vorranno ben oltre. Anche su codesto Portafoglio, a proposito di nuovi acquisti, procediamo con i piedi di piombo nell’attesa che i prezzi delle azioni che abbiamo nel mirino, scendano un po'.

Alla prossima.

FOCUS SU AZIONI

APPLE – L’azienda di Cupertino sta licenziando 614 lavoratori in California, come riportato in un documento statale. I dipendenti interessati hanno lavorato in otto diverse strutture a Santa Clara e sono stati informati dei tagli a fine marzo, misura che entrerà in vigore il 27 maggio. Nelle settimane scorse Apple ha cancellato un progetto a lungo termine per la costruzione di un’auto elettrica a guida autonoma in un team chiamato Special Projects Group. Secondo il San Francisco Chronicle, le posizioni tagliate includono direttori di officina, ingegneri hardware e ingegneri di progettazione del prodotto.

DISNEY – In arrivo un giro di vite sulla condivisione di password per il servizio di streaming di Walt Disney. Ad annunciarlo giovedì scorso è stato l’amministratore delegato Bob Iger. Il giro di vite applicato da Netflix sullo stesso tema aveva aiutato ad aggiungere quasi 22 milioni di abbonati nella seconda metà del 2023.

PARAMOUNT GLOBAL – La Paramount si avvicina ad una possibile vendita.

Il Wall Street Journal ha riferito che il conglomerato dell'intrattenimento ha accettato di avviare trattative esclusive per una fusione con la società di produzione Skydance Media, respingendo una recente offerta da 26 miliardi di dollari, tutta in contanti, da parte di una società di private equity, Apollo Global Management. La decisione significa che il conglomerato dell'intrattenimento sospenderà ogni conversazione con altri offerenti per 30 giorni mentre cerca di elaborare un accordo con Skydance. Skydance è gestita dal figlio del miliardario Larry Ellison, co-fondatore di Oracle. Ci si aspetta che Larry Ellison contribuisca a finanziare qualsiasi accordo. In settimana le azioni della Paramount hanno chiuso in rialzo del 15%, rendendo il titolo il titolo con le migliori performance dell'S&P500.

PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 USCITI NELLA SCORSA SETTIMANA.

PAYCHEX – 0,35%. La società è un fornitore americano di risorse umane, buste paga e servizi di outsourcing di benefit per le piccole e medie imprese, ha riportato utili nel terzo trimestre fiscale 2024 pari a 1,38 $/az. su ricavi per 1,44 mld $. La stima degli analisti per gli utili era pari a 1,36 $/az. su ricavi per 1,46 mld $. Il fatturato è cresciuto del 4,22% su base annua. La società ha dichiarato di aspettarsi utili per tutto l'anno fiscale 2024 tra 4,70 e 4,74 $/az. su ricavi tra 5,26 e 5,31 mld $. L'attuale stima degli analisti per gli utili è pari a 4,72 $/az. su ricavi per 5,33 mld $.

Il Presidente e A.D. della società, John Gibson, ha dichiarato: "La crescita totale dei ricavi nel terzo trimestre fiscale riflette un contributo inferiore da parte del nostro servizio Employee Retention Tax Credit ("ERTC") rispetto al periodo dell'anno precedente. Escludendo questo impatto, abbiamo comunque registrato una crescita totale dei ricavi del 4%, una crescita del 7% dell’utile per azione e una continua espansione del margine operativo, grazie alla continua disciplina delle spese durante un periodo di moderazione dell’occupazione delle piccole imprese e della crescita salariale, affrontando un mercato del lavoro ristretto per lavoratori qualificati, un accesso ridotto a capitali di crescita accessibili e pressioni inflazionistiche. Rimaniamo impegnati ad aiutare i nostri clienti ad avere successo fornendo loro le soluzioni tecnologiche innovative e le competenze HR di cui hanno bisogno per navigare in un ambiente complesso e dinamico. Continuiamo a dare priorità agli investimenti in dati, analisi e intelligenza artificiale (AI) per semplificare i nostri processi interni e offrire maggiore valore e informazioni utili ai nostri clienti, come dimostra la recente creazione di un nuovo ruolo di vicepresidente senior per dati, analisi e intelligenza artificiale. Siamo orgogliosi di annunciare l'implementazione di successo di numerosi ulteriori modelli di intelligenza artificiale innovativi che migliorano significativamente i risultati per Paychex e per i nostri clienti. Questi abbracciano un'ampia gamma e includono l'apprendimento automatico e modelli linguistici di grandi dimensioni che stanno rafforzando la fidelizzazione dei nostri clienti e gli sforzi di upsell, ottimizzando al tempo stesso le strategie di prezzo. A livello contabile nel terzo trimestre fiscale 2024 abbiamo riportato: ricavi totali in aumento del 4% a 1,439 mld $ rispetto a 1,381 mld $ del terzo trimestre 2023; spese totali in aumento del 3% a 789,5 mln $ rispetto a 769,1 mln $ del terzo trimestre 2023; un utile operativo cresciuto del 6% a 649,8 mln $ rispetto a 611,9 mln $ del terzo trimestre 2023; un margine operativo (reddito operativo come percentuale dei ricavi totali) in aumento di circa 80 punti base al 45,1% rispetto al 44,3% del terzo trimestre 2023. L’utile netto è stato pari a 498,3 mln $ in aumento del 7% rispetto a 466,7 mln $ del terzo trimestre 2023 per un utile per azione in aumento del 7% a 1,38 $ rispetto a 1,29 $ del terzo trimestre 2023. Al 29 febbraio 2024 avevamo contanti, contanti vincolati e investimenti aziendali totali pari a 1,8 mld $ e prestiti a breve e lungo termine, al netto dei costi di emissione del debito, pari a 817,3 mln $. Infine abbiamo pagato dividendi cumulativi pari a 2,67 $/az. per un totale di 962,5 mln $ e riacquistato 1,5 milioni di azioni ordinarie pari a 169,2 mln $.”

WALGREENS BOOTS ALLIANCE – 11,80%. La società gestisce una catena di negozi di farmacie negli Stati Uniti. Rappresenta la tua farmacia sotto casa, che vende farmaci da prescrizione e da banco anche via, posta, telefono e online, ha riportato un utile nel secondo trimestre fiscale 2024 pari a 1,20 $/az. su un fatturato di 37,05 mld $. La stima degli analisti per gli utili era di 0,82 $/az. su un fatturato pari a 35,90 mld $. I ricavi sono cresciuti del 6,28% su base annua. La società ha detto che prevede utili per l’intero anno fiscale 2024 tra 3,20 e 3,35 $/az. L'attuale stima degli analisti per utili pari a 3,23 $/az.

L’A.D. della società, Tim Wentworth, ha dichiarato: “Siamo incoraggiati dal nostro primo trimestre di EBITDA positivo nel settore sanitario statunitense e dalla continua crescita dei ricavi insieme a un altro trimestre di un forte lavoro nel settore farmaceutico, mentre cerchiamo di rinvigorire e far evolvere il suo impatto sia su Walgreens che in generale. Mentre continuiamo a operare in un ambiente di vendita al dettaglio difficile, stiamo intraprendendo azioni per concentrarci sul coinvolgimento e sul valore del cliente. Rimaniamo fiduciosi nel nostro obiettivo di ottenere un risparmio sui costi pari a 1 mld $ nel corso di quest’anno. Stiamo continuando a rivedere strategicamente il nostro portafoglio prodotti nei prossimi tre mesi nel tentativo di garantire che stimoli la crescita e offra valore. A livello contabile nel secondo trimestre fiscale abbiamo riportato: vendite in aumento del 6,3% su base annua raggiungendo i 37,1 mld $ rispetto a 34,862 mld $ del secondo trimestre 2023; un costo del venduto pari a 30,012 mld $ rispetto a 27,807 mld $ del secondo trimestre 2023; spese generali pari a 7,921 mld $ rispetto a 6,934 mld $ del secondo trimestre 2023; una perdita operativa pari a 13,2 mld $ rispetto a un utile operativo di 197 mln $ del secondo trimestre 2023. La perdita operativa nel trimestre include un onere di svalutazione non monetario di 12,4 mld $ relativo all'avviamento di VillageMD. Una perdita netta pari a 5,9 mld $ rispetto all'utile netto di 703 mln $ del secondo trimestre 2023, riflettendo oneri di svalutazione non monetari. La liquidità netta utilizzata per le attività operative è stata di 637 mln $. Il flusso di cassa operativo è stato influenzato negativamente da 615 mln $ di pagamenti relativi a questioni legali, da un premio di rendita del piano pensionistico Boots di 379 mln $ e dalla stagionalità sottostante. Il flusso netto di cassa è stato negativo per 610 mln $, con una diminuzione di 1,3 mld $ rispetto al secondo trimestre 2023.”

============================================

SEGNALI DI ENTRATA E DI USCITA DEL MODELLO QUANTITATIVO LOMBARD PER IL TRADING SULLE AZIONI NASDAQ TIME FRAME SETTIMANALE. I SEGNALI VENGONO GENERATI UNA VOLTA A SETTIMANA E PUBBLICATI SUL SITO IL LUNEDI MATTINA E VALEVOLI PER TUTTA LE SETTIMANA. IL REPORT SI COMPONE DI SEGNALI DI ACQUISTO PER NUOVE POSIZIONI E DI AGGIORNAMENTO PER I TITOLI GIA' PRESENTI IN PORTAFOGLIO.
ASTENERSI PRIMA DI AVERE COMPRESO CON ESATTEZZA IL PROFILO DI RISCHIO E LE CARATTERISTICHE TECNICHE DEL SERVIZIO CON LA LETTURA DELLE SPIEGAZIONI POSTE NELLA DICITURA "Il Portafoglio LombardReport": (clicca qui >>>
CONSIGLIAMO DI SEGUIRE IN PAPER TRADING LE OPERAZIONI PER QUALCHE SETTIMANA PRIMA DI APPLICARLE.

ORDINI DI ACQUISTO NUOVE POSIZIONI DELLA SETTIMANA (08/04/2024)

MONSTER_BEVERAGE Azioni_nasdaq_weekly US61174X1090 MNST Limit 55.8 $
ON_SEMICONDUCTOR_CORPORATION Azioni_nasdaq_weekly US6821891057 ON Limit 68.5 $

Non accontentarti solo degli articoli Free!

Registrati gratuitamente e avrai accesso senza limitazioni ai servizi premium per 7 giorni!