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Mercato obbligazionario: Bce stretta tra taglio dei tassi e debiti sovrani


In questi giorni, su diversa stampa specializzata, si è tornato a parlare del taglio dei tassi da parte della Bce, attesa al varco del board di giugno prossimo.

E su questo punto pare proprio esserci ampio consenso tra mercati, analisti e osservatori, tutti convinti che il tanto atteso taglio ci sarà. Tuttavia, il vero problema o, meglio, il punto nodale di tutta la questione è da un’altra parte e rimane di fatto sempre lo stesso.

Per comprendere la situazione nella sua interezza e per valutarne gli eventuali impatti bisogna fare qualche passo indietro e ragionare con un’ottica globale e non a compartimenti stagni. Partiamo dal problema attuale: ciò che accadrà successivamente all’atteso taglio dei tassi rimane al centro delle discussioni, con la netta divisione che separa colombe e falchi.

E questo di per sé non è grave, poiché ormai siamo abituati alla dialettica politica che ha poco a che vedere poi in termini pratici su ciò che servirebbe davvero all’economia della UE. Infatti, questa costante divisione sta, giustamente, alimentando alcune preoccupazioni poiché restituisce l’immagine di un'Europa che sembra concentrata soprattutto sulla solvibilità del debito anziché sul rilancio della sua economia.

Cioè, l’impressione è che la pressione sulla Bce per il taglio immediato dei tassi sia più un desiderio per sostenere i propri debiti, piuttosto che per ragioni di crescita economica. Certo, da un lato è assolutamente vero che, se anche il debito europeo non è così elevato come negli Stati Uniti (superando comunque il 210% del PIL rispetto al 260% degli Usa), la pressione sui tassi di interesse può diventare insostenibile per i debitori, sia pubblici che privati, se i tassi rimangono elevati per troppo tempo.

Tuttavia, questo accorato appello per un taglio immediato dei tassi riflette, a nostro modo di vedere, l'idea che l'economia europea possa progredire solo aumentando il debito e mantenendo il costo del denaro basso. Cioè, tradotto in termini pratici, andare a leva. Senza contare che, se questa è l’ottica del ragionamento, implicitamente si sta chiedendo alla Bce di perdere di vista l'obiettivo principale di una banca centrale: mantenere stabili i prezzi.

Vero, l'inflazione in Europa è in calo, ma per ora rimane al di sopra del 2%, con rischi al rialzo per nulla trascurabili a causa di conflitti e aumenti dei prezzi delle materie prime. Senza contare che la mole del debito in Europa non aiuta a ridurre l'inflazione.

Può sembrare strano, ma se si guarda la questione  in profondità è possibile valutare come il boom dell'inflazione possa essere attribuito ad una combinazione di fattori, tra cui anche in una certa misura la speculazione finanziaria alimentata da liquidità abbondante e tassi di interesse bassi o addirittura negativi.

Certo, il taglio dei tassi è certamente un aiuto, uno stimolo per l'economia, ma questo dovrebbe avvenire solo quando ci sono condizioni appropriate, non solo per accontentare un'economia concentrata e fossilizzata sul debito. Infatti, non possiamo dimenticare che la Bce ha il compito di mantenere la stabilità dei prezzi, e il recente focus sull'allentamento monetario non dovrebbe farci dimenticare l'importanza di tenere sotto controllo l'inflazione.

D’altra parte, è ormai sotto gli occhi di tutti il fatto che anni di politiche monetarie accomodanti (del tutto eccessive e fuori controllo) non hanno fatto altro che alimentare l'indebitamento generando enormi inefficienze economiche. Ecco, siamo del parere che sia giunto il momento di tornare con i piedi per terra, per riconquistare una maggiore visione e responsabilità economica.

Intanto, come abbiamo sempre sostenuto, la Bce è intervenuta troppo tardi sia nel fermare la speculazione finanziaria sia nel combattere i primi segnali di inflazione. Se avesse alzato i tassi un po’ prima, forse si sarebbe sacrificato qualche decimale di crescita economica (che tanto non avrebbe spostato più tanto il risultato…), ma si sarebbero stabilizzati maggiormente i prezzi al consumo.

E a rigore, l’ultima cosa che i mercati o  la politica dovrebbero chiedere ad una banca centrale, è proprio quella di “dimenticare” il suo mandato e la sua ragione di esistere. Dal 2015 ad oggi abbiamo vissuto quasi due lustri di monetizzazione dei debiti in Europa che ci hanno fatto perdere di vista l’importanza di avere tassi d’inflazione sotto controllo.

Il QE di tutte le grandi banche centrali nel decennio passato è stato  un esperimento monetario che ha illuso governi, famiglie e imprese circa la possibilità di indebitarsi all’infinto a costi irrisori, indipendentemente dalle proprie reali possibilità. E, naturalmente, non ne è conseguita un’economia più solida o vigorosa, ma al contrario tutto ciò ha generato inefficienze e contribuito ad alimentare l’inflazione.

Infatti, in conclusione, non dimentichiamoci degli anni ’70, quando si voleva far credere che l’aumento dei tassi non fosse efficace per combattere un’inflazione “da offerta”. Abbiamo visto cosa è successo: inflazione monstre per ben un decennio, con la necessità della maxi-stretta negli Stati Uniti e nel Regno Unito a inizio anni Ottanta per riportare alla stabilità i prezzi.

Passiamo quindi ora all’aggiornamento e all’analisi delle curve di riferimento.

Analisi ZC-Yield Curve Eur
La lettura della ZC-Yield Curve Eur mostra un ulteriore innalzamento dei rendimenti su tutto il tratto della curva rispetto alla scorsa analisi. Infatti, rispetto alla scorsa lettura il rendimento della scadenza a 10 anni si posiziona in area 2,86% rispetto al 2,79% precedente, mentre la scadenza trentennale va in area 2,49% rispetto al precedente 2,41%.

Sempre immutata la conformazione della curva, che conferma l’accentuata inclinazione negativa sulla parte a lunga per le scadenze oltre il 2041. In lieve diminuzione il differenziale 10Y-2Y ora sui -51 bps.

Sostanzialmente stabile il tratto a breve, con la curva che conferma un massimo di rendimento sulle scadenze nella seconda metà del 2024 ora poco sotto area 4,05% rispetto ad area 4,10% della scorsa analisi.

Di fatto stabili le previsioni dei tassi forward su Euribor 6 mesi sulle scadenze a breve, con tassi attesi sempre poco sotto area 4,00% per la seconda metà del 2024, così come risultano poco variate le attese sulla dinamica dell’atteso taglio dei tassi. Infatti, la curva scende sempre repentinamente e si ferma in area 2,50% solo verso fine 2027 invece che verso fine 2025 rispetto al mese scorso. La risalita dei tassi è per ora vista sempre ad inizio 2028, data dalla quale sono visti in progressione ora con una puntata sino a poco sopra ad area 3,00% nel tratto a lunga.

Analisi Integrata Trendycator
Analizzando con il Trendycator le curve dei rendimenti su scala settimanale dei principali benchmark decennali si nota sempre la persistenza prevalente di una fase laterale che continua a premere sul bordo superiore, con un primo tentativo di rottura da parte del Bund e la conferma della rottura sull’area USA, che sembra voler proiettare i rendimenti verso i massimi di fine 2023.

L’area UK vede il rendimento per il GILT salire in area 4,35% con Trendycator che si conferma ancora in stato NEUTRAL. Crescono decisamente i rendimenti del BUND che si portano in area 2,63% con Trendycator che conferma la posizione NEUTRAL. In allargamento anche i rendimenti del nostro Btp decennale, ora in area 3,98% con uno spread in discesa in area 130 bps e modello Trendycator sempre in stato SHORT. Infine, l’area USA con i rendimenti del Treasury decennale che strappano ancora al rialzo e si portano in area 4,70% con Trendycator che resta in stato NEUTRAL.

Rendimenti bond governativi benchmark mondiali
Tabella dei rendimenti, su base settimanale, delle obbligazioni governative mondiali con qualunque rating.

Il ranking considera i bond benchmark decennali in tutte le valute di emissione.

In alcuni casi, per alcuni emittenti o per alcune valute, il rapporto rischio/rendimento di questi bond può essere anche piuttosto speculativo.